lunedì 28 febbraio 2011

Unità d’Italia, 150 anni bisogna crederci oppure no?


In questo periodo tanto si parla dell’unità d’Italia ovvero dei suoi 150 anni. Ci dicono che l’unità d’Italia avvenne nel 1861.
Noi non vogliamo togliere nulla a coloro i quali nel 1861 si sono adoperati per liberare l’Italia dagli austriaci, ma una cosa va precisata e cioè che nel 1861 si ebbe la maggior parte dell’unità d’Italia e Roma capitale. Il resto dell’Italia, anche se poca, l’abbiamo avuta durante la prima guerra mondiale. Quindi noi oggi faremo bene a dire che i tanto decantati 150 anni sono della prima unità d’Italia, altrimenti è come se dicessimo che i combattenti della prima guerra mondiale non hanno fatto niente. Perché non dobbiamo assolutamente dimenticare che la storia vuole che:
«Il Piave mormorava/, calmo e placido, al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio». Novantasei anni fa, il 24 maggio 1915, l'Italia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa.
 Dai tiri degli obici, le truppe italiane oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le «terre irredente» del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918, a guerra finita, un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nella «Leggenda del Piave», una canzone destinata a entrare nella memoria collettiva degli italiani.

L'Italia entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo un disinvolto cambio di alleanze, dalla Triplice all'Intesa. Sulle sponde del Piave e dell'Isonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure la «Grande Guerra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto dell'epopea Risorgimentale.
La Prima Guerra Mondiale fu un enorme massacro: coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di morti, 20 milioni di feriti, enormi distruzioni. Fu la prima guerra moderna. Gli eserciti si trovarono impantanati nelle trincee. Nuove armi furono impiegate su larga scala: aerei, sottomarini, carri armati, mitragliatrici, gas tossici, come il fosgene e l'iprite, che prese nome dalla località belga dove il 22 aprile 1915 fece le prime vittime.

La guerra provocò la dissoluzione dell'Impero austroungarico e di

quello ottomano e mise fine a quello degli Zar, travolto dalla rivoluzione bolscevica del 1917. Segnò il crollo di tre dinastie secolari, gli Asburgo, gli Hohenzollern e i Romanov. Fu l'inizio del declino della vecchia Europa e sancì l'ingresso sulla scena mondiale, come grande potenza militare ed economica, degli Stati Uniti, intervenuti nel 1917 a salvare le sorti dell'Intesa. Si portò dietro un'epidemia - la «spagnola» - che tra 1918 e il 1919 provocò più morti della guerra;
Una delle poche voci che si levarono contro la guerra fu quella di Benedetto XV, il «Papa della pace» del quale Joseph Ratzinger ha voluto raccogliere idealmente l'eredità, scegliendo il nome per il proprio pontificato. Egli il 1 agosto 1917 (poco prima della rotta italiana a Caporetto del 24 ottobre 1917) chiese invano alle potenze belligeranti il disarmo e il ricorso all'arbitrato per la «cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno più apparisce inutile strage».
Ma troppi erano i motivi che spingevano l'Europa al massacro. La rivalità economica e gli interessi in Medio Oriente di Regno Unito e Reich tedesco; il revanscismo francese per Alsazia e Lorena; lo scontro tra pangermanesimo tedesco e panslavismo sul Baltico; gli appetiti delle maggiori potenze per le spoglie del fatiscente impero ottomano; l'irredentismo in Italia e nei Balcani, dove il serbo Gavrilo Princip fece scoccare la scintilla, assassinando l'erede al trono austriaco a Sarajevo. Ma anche il clima culturale di un'epoca che - tra lo Stato «Dio reale» dell'idealismo hegeliano e il positivismo darwiniano di Spencer - concepì la guerra come sbocco naturale delle vertenze internazionali.
In Italia, contro l'entrata in guerra furono i cattolici, i socialisti, i giolittiani. Per la guerra furono il governo Salandra, i liberali, i nazionalisti. Interventista fu Gabriele D'Annunzio, interprete a modo suo del «superuomo» di Nietzsche. Interventista fu Filippo Tommaso Marinetti, che nel «Manifesto del futurismo» aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo». Da neutralista in interventista si trasformò repentinamente il socialista Benito Mussolini, che lasciò la direzione dell'«Avanti!» per fondare l'ultranazionalista «Popolo d'Italia» e fu espulso dal Psi.



Nel 1919 la Conferenza di pace di Parigi, dominata dal presidente americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige etnicamente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Il presidente del consiglio Orlando e il ministro degli esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporaneamente la conferenza, restando fuori anche dalla spartizione delle colonie tedesche. Ne nacque il mito della «vittoria tradita», che mosse D'Annunzio e i suoi legionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera «Reggenza del Carnaro» e fu utilizzato a proprio vantaggio dal nascente partito fascista, avviato alla conquista del potere. Anche la «Leggenda del Piave» di E.A. Mario finì per servire allo scopo. La crisi economica, la svalutazione della lira, la debolezza della classe dirigente liberale, le ripetute crisi di governo, le agitazioni di piazza e l'occupazione delle fabbriche nel «biennio rosso», i timori della Corona e della borghesia fecero il resto. Dal 4 novembre 1918, data della firma dell'armistizio con l'Austria, al 22 ottobre 1922, data della Marcia su Roma, non passarono che quattro anni.

Oggi attuale bisogna cantare l’inno di Mameli, perché ci è stato tramandato dai nostri avi, ma per l’unità d’Italia faremo bene a cantare anche il Piave. Comunque le due canzoni le mettiamo entrambe.

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 


Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popoli,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 


Uniamoci, uniamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 

Dall'Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
 

Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 



l'elmo di Scipio: L'Italia ha di nuovo sulla testa l'elmo di Scipio (Scipione l'Africano), il generale romano che nel 202 avanti Cristo sconfisse a Zama (attuale Algeria) il cartaginese Annibale. L'Italia è tornata a combattere.
Le porga la chioma: La Vittoria sarà di Roma, cioè dell'Italia. Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli. Così la Vittoria dovrà porgere la sua chioma perché sia tagliata, perché la Vittoria è schiava di Roma che sarà appunto vincitrice.
coorte: nell'esercito romano le legioni (cioè l'esercito), era diviso in molte coorti. Stringiamoci a coorte significa quindi restiamo uniti fra noi combattenti che siamo pronti a morire per il nostro ideale.
calpesti: calpestati
Raccolgaci: la lingua di Mameli è la lingua poetica dell'Ottocento. Questo raccolgaci in italiano moderno sarebbe ci raccolga, un congiuntivo esortativo che assimila il pronome diretto. Il significato è: ci deve raccogliere, tenere insieme.
una speme: altra parola letteraria e arcaica. Significa speranza. Non c'è però da stupirsi troppo se Mameli usa queste parole. Nella lingua delle canzonette di musica leggera intorno al 1950, queste parole si trovano ancora.

fonderci insieme: negli anni di Goffredo Mameli l'Italia è ancora divisa in molti staterelli. Il testo dice che è l'ora di fondersi, di raggiungere l'unità nazionale.
per Dio: doppia interpretazione possibile. Per Dio è un francesismo e quindi significa "da Dio": se siamo uniti da Dio, per volere di Dio, nessuno potrà mai vincerci.
Certo è però che in italiano "per Dio" può essere anche una imprecazione, una esclamazione piuttosto forte. Che avrà mai voluto intendere Goffredo Mameli? Siccome aveva Vent'anni ci piace pensare che abbia voluto lui stesso giocare sul doppio senso (in fondo i suoi rapporti con il Vaticano non erano buonissimi, tant'è vero che è morto proprio a Roma dove combatteva per la Repubblica)

il piave:
Il Piave (1) mormorava
calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il 24 maggio: (2)
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera
e far contro il nemico (3) una barriera....
Muti passaron quella notte e fanti
tacere bisognava e andare avanti!
S’udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar (4) dell’onde
Era un presagio (5) dolce e lusinghiero (6)
il Piave mormorò:
"Non passa lo straniero!"

Ma in una notte trista (7)
si parlò di un fosco evento (8)
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento (9)
Ahi quanta gente ha vista
venir giù lasciare il tetto
poi che il nemico irruppe a Caporetto (12)
Profughi ovunque! Dai lontani monti
venivano a gremir tutti i suoi ponti (13)
S’udiva allo dalle violate (14) sponde
sommesso e triste il mormorio de l’onde:
come un singhiozzo in quell’autunno nero
Il Piave mormorò :
"Ritorna lo straniero!"

E ritornò il nemico
per l’orgoglio e per la fame: (15)
volea sfogare tutte le sue brame (16)
vedeva il piano aprico (17)
di lassù voleva ancora
sfamarsi e tripudiare (18) come allora
"No" disse il Piave "No" dissero i fanti
"Mai più il nemico faccia un passo avanti!"
Si vide il Piave rigonfiar le sponde!
E come i fanti combattevan l’onde
Rosso del sangue del nemico altero (19)
Il Piave comandò:
"Indietro va straniero!"

Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento
e la Vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico: (20)
tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti (21)
L’onta cruenta e il secolare errore
infranse alfin l’italico valore (22)
Sicure l’Alpi libere le sponde
E tacque il Piave: si placaron l’onde
Sul patrio suolo, vinti i torvi imperi (23)
la pace non trovò
né oppressi né stranieri


Note
1 Sul Piave si fermarono le truppe italiane dopo la disfatta di Caporetto e qui si organizzò l’offensiva finale
2 E’ il 24 maggio del 1915 quando le prime truppe italiane varcarono il confine ed ebbero inizio le ostilità contro l’Austria
3 il nemico : gli Austriaci
4 lo sciacquio delle onde sembra un rumore festoso
5 presagio : presentimento
6 lusinghiero : piacevole, allettante
7 trista: sventurata
8 fosco evento: oscuro Si riferisce alla ritirata di Caporetto del 24 ottobre 1917 quando le truppe austro-tedesche sfondarono il fronte italiano nell’alta Valle dell’Isonzo
9 l’ira e lo sgomento : la rabbia per la sconfitta e lo sgomento per dover abbandonare le loro case e le loro terre
10 soldati e popolazione civile scendono dalle valli invase
11 il tetto: la propria casa
12 Caporetto: cittadina ai piedi del Monte Nero a nord di Gorizia
13 i profughi si affollavano sui ponti per attraversare il fiume e riparare al sicuro
14 violate : profanate dal ritorno dello straniero
15 gli Austriaci erano spinti dall’orgoglio di riconquistare le terre da cui erano stati cacciati durante le guerre di indipendenza, ma anche dalla fame; gli Imperi Centrali infatti circondati da nazioni nemiche, scarseggiavano di viveri
16 vendicarsi delle sconfitte e rialzare il proprio prestigio
17 piano aprico: la pianura aperta esposta al sole
18 tripudiare: esultare
19 altero: orgoglioso e superbo
20 fu esaudita la speranza dei patrioti e dei martiri dell’unità d’Italia
21 riferimento ai patrioti Guglielmo Oberdan morto nel 1882 , Nazario Sauro e Cesare Battisti
uccisi nel 1916

22 il valore dei soldati italiani abbatte la secolare dominazione straniera
23 dopo aver vinto gli Imperi Centrali non vi sono più stranieri in Italia e nemmeno oppressi

IL VALORE DELLA VITA NELL’ESEMPO DI SUA SANTITA’ GIOVANNI PAOLO II

di Daniele Palazzo
Molto interessante e densa di contenuti e spunti di riflessione la nuova edizione di “Chiesa in Cammino”, organo di stampa della Parrocchia di San Bartolomeo Apostolo, in Vairano Patenora. Il nuovo numero del giornale, uscito nei primi giorni del mese in corso, è dedicato quasi per intero alla meditazione e all’approfondimento spirituale del significato cristiano della vita, inteso non sugli sterili e falsi stereotipi che ci offre il mondo cosiddetto moderno, ma come esperienza concreta di carità cristiana e continuo e convinto modellarsi al genuino e santificate esempio del Figlio di Dio e di Sua Madre, la Vergine Maria. Come si evince anche leggendo un passo del settore on line del prodotto mediatico di riferimento, il secondo mese dell’anno  è dedicato alla vita. Calzante, dunque, la scelta del Parroco, Don Pasquale Di Robbio, di concentrare l’ossatura del loro strumento di informazione e cultura religiosa sul dono della vita e sul come viverla per piacere a Dio. Tanto più che, il 13 di questo mese, la chiesa Universale e quella Particolare hanno celebrato a dovere la “Giornata Nazionale per la Vita”, che, grazie anche al genuino modus proponendi delle eccelse guide spirituali che il Signore della Vita, con immensa bontà ed amore di Padre attento alle esigenze dei suoi figli, ha voluto concederci, induce il cristiano ad interrogarsi sul perché della grave crisi in atto per quanto riguarda l’educazione alla cultura e alla difesa della vita, oggi sotto attacco da tutte le parti. Dio ci ha dato la vita quale gratuito e preziosissimo dono, unico, insopprimibile e non negoziabile, da amare e sostenere fino al giorno della sua naturale conclusione.  La vita, come testimoniato anche dai tanti infermi  che hanno gioito e lodato il Signore nel corso della recente “Giornata Mondiale del Malato”(11 febbraio scorso), è un grande mistero, che va accolta e custodita con grande amore. Questo il pensiero di Don Di Robbio e dei suoi più stretti collaboratori, che, anche sull’esempio in merito della Chiesa intera, sono attenti soprattutto ai dettami evangelici su come vivere e rispettare la vita. Un fulgidissimo esempio di vita cristiana, eroicamente vissuta, è quello attuato e comunicatoci dal cosiddetto Papa Grande, Grande Sua Santità Giovanni Paolo II, che, non a caso, in attesa che maturino i tempi per innalzarlo alla gloria degli altari con la proclamazione della sua Santità, il primo maggio prossimo, nel corso di una solenne cerimonia, da tenersi in Piazza San Pietro, a Roma, sarà beatificato da Papa Benedetto XVI. Sul sito della stessa Parrocchia vairanese, tutti i particolari in merito e perfino un video di immagini e musica sulla vita di questo nostro fratello in Cristo Gesù e un modello di preghiera da rivolgergli con devozione e pieneszza di fede.

VAIRANO PATENORA E’ PRONTA PER FESTEGGIARE IL SUO CARNEVALE

di Daniele Palazzo
A Vairano Patenora, si apportano gli ultimi ritocchi al programma inerente le imminenti festività carnevalizie, che, come accade da qualche anno, sono tutt’ora affidate alla cure organizzative della Pro Loco cittadina. Quest’anno, il “Carnevale Vairanese”, nel cui cartellone figurano manifestazioni popolari ed iniziative ludiche di sicuro successo, giunge alla sua XI edizione. In base al programma diffuso dai curatori della kermesse, che beneficia dei patrocinii del Comune di Vairano Patenora nonchè del Consorzio delle Pro Loco dell’Alto Casertano e dell’Unione Nazionale delle Pro Loco Italiane(UNPLI), la nuova edizione della festa più pazza ed imprevedibile  dell’anno, inizierà il 6 marzo prossimo, domenica di Carnevale, con il consueto raduno di carri allegorici e gruppi scenici in Piazza Garibaldi(ore 14.00). Da qui, partirà l’attesa sfilata(si protrarrà fino alle ore 18.00) del variopinto corteo di maschere, mascherine e coloratissimi carri allegorici per le principali  vie di Vairano Patenora centro e della frazioni Vairano Scalo,Marzanello e Taverna Catena. Per l’occasione, il sodalizio presieduto da Arturo Marsegnia si è fatto carico di distribuire cento Euro a testa a rappresentanti di gruppi o Associazioni che abbiano aderito all’invio di partecipare alla sfilata con un carro di loro ideazione. In quanto alle adesioni de quo, sappiamo, che c’è tempo fino a 4 marzo prossimo. Si tornerà in scena il martedì successivo, giorno della morte di Re Carnevale. In quella data, si avranno due occasioni di assistere al corteo carnascialesco(ore 10.30-12.30 e 14.30-18.30). Immancabilmente, la kermesse terminerà con il processo e la condanna a morte di Carnevale, che sarà rappresentata scenicamente bruciandone il fantoccio in  piazza . In conclusione, analizzando l’impianto organizzativo posto in essere dal gruppo organizzatore della XI edizione della Festa di cui ci occupiamo, si può ben dire che il “Carnevale Vairanese”, anche se “giovane” rispetto a manifestazioni analoghe, del circondario esteso e dell’intera provincia di Caserta, si colloca tra le prime e più invidiabili kermesse del suo genere a livello non solo casertano.

Latina. Funerali di Luigi Gavazzi, primo barbiere di Littoria.

di Daniele Palazzo
Ultimo saluto,  nella Chiesa di San Marco, in Latina, al popolarissimo Luigi Gavazzi, noto per essere stato il primo barbiere della città. Il suo storico salone aprì i battenti nel lontano 1933, presentandosi come il primo negozio del genere dell’allora Littoria. Nel salone gestito dall’interessato, stando alla leggenda, si sarebbe servito lo stesso Mussolini. Si narra, infatti, che, in occasione di qualcuna delle sue frequenti visite in terra pontina, il Duce del Fascismo abbia deciso di onorare della sua presenza il negozio del rinomato artigiano, che sorgeva nella centralissima Piazza del Popolo, a pochi metri dalla altrettanto famosa Rosticceria “Benedetti”. Per oltre mezzo secolo, l’esercizio commerciale di Gavazzi, grazie anche al carattere gioviale e al naturale senso di comunicazione ed apertura al nuovo e al bello della vita del decano riconosciuto dei coeffeurs attivi nello splendido capoluogo pontino (chi lo ha conosciuto afferma che, in quanto a comunicatività e senso di appartenenza alla comunità, Gavazzi non era secondo a nessuno) ha funto da luogo privilegiato di aggregazione e scambi umani e culturali per buona parte della cittadinanza locale. Quando, venne chiuso (correva l’anno 1986), fu come strappare la parte migliore del tessuto connettivo di un popolo che, per tanti anni, aveva goduto dei benefici e delle ottime credenziali derivatigli dalla grandezza di uomo e di professionista di Luigi Gavazzi (nato a Cisterna di Latina nel lontano 1920, ha trascorso tutta la sua vita a Latina), il cui nome resterà, ad imperitura memoria, nel cuore e nelle menti di tutti i latinensi. Lo testimoniano anche le tantissime persone che hanno partecipato alle sue esequie, che non hanno voluto mancare di rendere onore alla figura di una grande persona, di un  uomo che, facendo leva su un senso di dirittura morale d’altri tempi e su una possanza d’uomo davvero ammirevole e sicuramente da emulare, ha fatto bene a tutti i suoi compaesani.

Unità d’Italia, 150 anni bisogna crederci oppure no?


logo dei 150 anni dell'unità d'Italia
In questo periodo tanto si parla dell’unità d’Italia ovvero dei suoi 150 anni. Ci dicono che l’unità d’Italia avvenne nel 1861.
Noi non vogliamo togliere nulla a coloro i quali nel 1861 si sono adoperati per liberare l’Italia dagli austriaci, ma una cosa va precisata e cioè che nel 1861 si ebbe la maggior parte dell’unità d’Italia e Roma capitale. Il resto dell’Italia, anche se poca, l’abbiamo avuta durante la prima guerra mondiale. Quindi noi oggi faremo bene a dire che i tanto decantati 150 anni sono della prima unità d’Italia, altrimenti è come se dicessimo che i combattenti della prima guerra mondiale non hanno fatto niente. Perché non dobbiamo assolutamente dimenticare che la storia vuole che:
«Il Piave mormorava/, calmo e placido, al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio». Novantasei anni fa, il 24 maggio 1915, l'Italia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa.
 Dai tiri degli obici, le truppe italiane oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le «terre irredente» del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918, a guerra finita, un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nella «Leggenda del Piave», una canzone destinata a entrare nella memoria collettiva degli italiani.

L'Italia entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo un disinvolto cambio di alleanze, dalla Triplice all'Intesa. Sulle sponde del Piave e dell'Isonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure la «Grande Guerra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto dell'epopea Risorgimentale.
La Prima Guerra Mondiale fu un enorme massacro: coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di morti, 20 milioni di feriti, enormi distruzioni. Fu la prima guerra moderna. Gli eserciti si trovarono impantanati nelle trincee. Nuove armi furono impiegate su larga scala: aerei, sottomarini, carri armati, mitragliatrici, gas tossici, come il fosgene e l'iprite, che prese nome dalla località belga dove il 22 aprile 1915 fece le prime vittime.

La guerra provocò la dissoluzione dell'Impero austroungarico e di

quello ottomano e mise fine a quello degli Zar, travolto dalla rivoluzione bolscevica del 1917. Segnò il crollo di tre dinastie secolari, gli Asburgo, gli Hohenzollern e i Romanov. Fu l'inizio del declino della vecchia Europa e sancì l'ingresso sulla scena mondiale, come grande potenza militare ed economica, degli Stati Uniti, intervenuti nel 1917 a salvare le sorti dell'Intesa. Si portò dietro un'epidemia - la «spagnola» - che tra 1918 e il 1919 provocò più morti della guerra;
Una delle poche voci che si levarono contro la guerra fu quella di Benedetto XV, il «Papa della pace» del quale Joseph Ratzinger ha voluto raccogliere idealmente l'eredità, scegliendo il nome per il proprio pontificato. Egli il 1 agosto 1917 (poco prima della rotta italiana a Caporetto del 24 ottobre 1917) chiese invano alle potenze belligeranti il disarmo e il ricorso all'arbitrato per la «cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno più apparisce inutile strage».
Ma troppi erano i motivi che spingevano l'Europa al massacro. La rivalità economica e gli interessi in Medio Oriente di Regno Unito e Reich tedesco; il revanscismo francese per Alsazia e Lorena; lo scontro tra pangermanesimo tedesco e panslavismo sul Baltico; gli appetiti delle maggiori potenze per le spoglie del fatiscente impero ottomano; l'irredentismo in Italia e nei Balcani, dove il serbo Gavrilo Princip fece scoccare la scintilla, assassinando l'erede al trono austriaco a Sarajevo. Ma anche il clima culturale di un'epoca che - tra lo Stato «Dio reale» dell'idealismo hegeliano e il positivismo darwiniano di Spencer - concepì la guerra come sbocco naturale delle vertenze internazionali.
In Italia, contro l'entrata in guerra furono i cattolici, i socialisti, i giolittiani. Per la guerra furono il governo Salandra, i liberali, i nazionalisti. Interventista fu Gabriele D'Annunzio, interprete a modo suo del «superuomo» di Nietzsche. Interventista fu Filippo Tommaso Marinetti, che nel «Manifesto del futurismo» aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo». Da neutralista in interventista si trasformò repentinamente il socialista Benito Mussolini, che lasciò la direzione dell'«Avanti!» per fondare l'ultranazionalista «Popolo d'Italia» e fu espulso dal Psi.



Nel 1919 la Conferenza di pace di Parigi, dominata dal presidente americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige etnicamente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Il presidente del consiglio Orlando e il ministro degli esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporaneamente la conferenza, restando fuori anche dalla spartizione delle colonie tedesche. Ne nacque il mito della «vittoria tradita», che mosse D'Annunzio e i suoi legionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera «Reggenza del Carnaro» e fu utilizzato a proprio vantaggio dal nascente partito fascista, avviato alla conquista del potere. Anche la «Leggenda del Piave» di E.A. Mario finì per servire allo scopo. La crisi economica, la svalutazione della lira, la debolezza della classe dirigente liberale, le ripetute crisi di governo, le agitazioni di piazza e l'occupazione delle fabbriche nel «biennio rosso», i timori della Corona e della borghesia fecero il resto. Dal 4 novembre 1918, data della firma dell'armistizio con l'Austria, al 22 ottobre 1922, data della Marcia su Roma, non passarono che quattro anni.

Oggi attuale bisogna cantare l’inno di Mameli, perché ci è stato tramandato dai nostri avi, ma per l’unità d’Italia faremo bene a cantare anche il Piave. Comunque le due canzoni le mettiamo entrambe.

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 


Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popoli,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 


Uniamoci, uniamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 

Dall'Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
 

Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì! 

Spiegazione dell’inno di Mameli
l'elmo di Scipio: L'Italia ha di nuovo sulla testa l'elmo di Scipio (Scipione l'Africano), il generale romano che nel 202 avanti Cristo sconfisse a Zama (attuale Algeria) il cartaginese Annibale. L'Italia è tornata a combattere.
Le porga la chioma: La Vittoria sarà di Roma, cioè dell'Italia. Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli. Così la Vittoria dovrà porgere la sua chioma perché sia tagliata, perché la Vittoria è schiava di Roma che sarà appunto vincitrice.
coorte: nell'esercito romano le legioni (cioè l'esercito), era diviso in molte coorti. Stringiamoci a coorte significa quindi restiamo uniti fra noi combattenti che siamo pronti a morire per il nostro ideale.
calpesti: calpestati
Raccolgaci: la lingua di Mameli è la lingua poetica dell'Ottocento. Questo raccolgaci in italiano moderno sarebbe ci raccolga, un congiuntivo esortativo che assimila il pronome diretto. Il significato è: ci deve raccogliere, tenere insieme.
una speme: altra parola letteraria e arcaica. Significa speranza. Non c'è però da stupirsi troppo se Mameli usa queste parole. Nella lingua delle canzonette di musica leggera intorno al 1950, queste parole si trovano ancora.

fonderci insieme: negli anni di Goffredo Mameli l'Italia è ancora divisa in molti staterelli. Il testo dice che è l'ora di fondersi, di raggiungere l'unità nazionale.
per Dio: doppia interpretazione possibile. Per Dio è un francesismo e quindi significa "da Dio": se siamo uniti da Dio, per volere di Dio, nessuno potrà mai vincerci.
Certo è però che in italiano "per Dio" può essere anche una imprecazione, una esclamazione piuttosto forte. Che avrà mai voluto intendere Goffredo Mameli? Siccome aveva Vent'anni ci piace pensare che abbia voluto lui stesso giocare sul doppio senso (in fondo i suoi rapporti con il Vaticano non erano buonissimi, tant'è vero che è morto proprio a Roma dove combatteva per la Repubblica)
Dovunque è Legnano: ogni città italiana è Legnano, il luogo dove nel 1176 i comuni lombardi sconfissero l'Imperatore tedesco Federico Barbarossa
Ferruccio: ogni uomo è come Francesco Ferrucci, l'uomo che nel 1530 difese Firenze dall'imperatore Carlo V.
Balilla: è il soprannome del bambino che con il lancio di una pietra nel 1746 diede inizio alla rivolta di Genova contro gli Austro-piemontesi
I Vespri: Nel 1282 i siciliani si ribellano ai francesi invasori una sera, all'ora del vespro. La rivolta si è poi chiamata la rivolta dei Vespri siciliani
Le spade vendute: i soldati mercenari si piegano come giunchi e l'aquila, simbolo dell'Austria, perde le penne.
Il sangue polacco: L'Austria, alleata con la Russia (il cosacco), ha bevuto il sangue Polacco, ha diviso e smembrato la Polonia. Ma quel sangue bevuto avvelena il cuore degli oppressori.

Canzone del piave:
Il Piave (1) mormorava
calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il 24 maggio: (2)
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera
e far contro il nemico (3) una barriera....
Muti passaron quella notte e fanti
tacere bisognava e andare avanti!
S’udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar (4) dell’onde
Era un presagio (5) dolce e lusinghiero (6)
il Piave mormorò:
"Non passa lo straniero!"

Ma in una notte trista (7)
si parlò di un fosco evento (8)
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento (9)
Ahi quanta gente ha vista
venir giù lasciare il tetto
poi che il nemico irruppe a Caporetto (12)
Profughi ovunque! Dai lontani monti
venivano a gremir tutti i suoi ponti (13)
S’udiva allo dalle violate (14) sponde
sommesso e triste il mormorio de l’onde:
come un singhiozzo in quell’autunno nero
Il Piave mormorò :
"Ritorna lo straniero!"

E ritornò il nemico
per l’orgoglio e per la fame: (15)
volea sfogare tutte le sue brame (16)
vedeva il piano aprico (17)
di lassù voleva ancora
sfamarsi e tripudiare (18) come allora
"No" disse il Piave "No" dissero i fanti
"Mai più il nemico faccia un passo avanti!"
Si vide il Piave rigonfiar le sponde!
E come i fanti combattevan l’onde
Rosso del sangue del nemico altero (19)
Il Piave comandò:
"Indietro va straniero!"

Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento
e la Vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico: (20)
tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti (21)
L’onta cruenta e il secolare errore
infranse alfin l’italico valore (22)
Sicure l’Alpi libere le sponde
E tacque il Piave: si placaron l’onde
Sul patrio suolo, vinti i torvi imperi (23)
la pace non trovò
né oppressi né stranieri


Spiegazione del piave:
Note
1 Sul Piave si fermarono le truppe italiane dopo la disfatta di Caporetto e qui si organizzò l’offensiva finale
2 E’ il 24 maggio del 1915 quando le prime truppe italiane varcarono il confine ed ebbero inizio le ostilità contro l’Austria
3 il nemico : gli Austriaci
4 lo sciacquio delle onde sembra un rumore festoso
5 presagio : presentimento
6 lusinghiero : piacevole, allettante
7 trista: sventurata
8 fosco evento: oscuro Si riferisce alla ritirata di Caporetto del 24 ottobre 1917 quando le truppe austro-tedesche sfondarono il fronte italiano nell’alta Valle dell’Isonzo
9 l’ira e lo sgomento : la rabbia per la sconfitta e lo sgomento per dover abbandonare le loro case e le loro terre
10 soldati e popolazione civile scendono dalle valli invase
11 il tetto: la propria casa
12 Caporetto: cittadina ai piedi del Monte Nero a nord di Gorizia
13 i profughi si affollavano sui ponti per attraversare il fiume e riparare al sicuro
14 violate : profanate dal ritorno dello straniero
15 gli Austriaci erano spinti dall’orgoglio di riconquistare le terre da cui erano stati cacciati durante le guerre di indipendenza, ma anche dalla fame; gli Imperi Centrali infatti circondati da nazioni nemiche, scarseggiavano di viveri
16 vendicarsi delle sconfitte e rialzare il proprio prestigio
17 piano aprico: la pianura aperta esposta al sole
18 tripudiare: esultare
19 altero: orgoglioso e superbo
20 fu esaudita la speranza dei patrioti e dei martiri dell’unità d’Italia
21 riferimento ai patrioti Guglielmo Oberdan morto nel 1882 , Nazario Sauro e Cesare Battisti
uccisi nel 1916

22 il valore dei soldati italiani abbatte la secolare dominazione straniera
23 dopo aver vinto gli Imperi Centrali non vi sono più stranieri in Italia e nemmeno oppressi







 

sabato 26 febbraio 2011

INTESA CASERTA-BENEVENTO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA STRADA A SCORRIMENTO VELOCE TRA CASERTA E BENEVENTO

Domenico Zinzi, presidente provincia di Caserta

Aniello Cimitile, presidente provincia di Benevento


di Daniele Palazzo
Dopo la serie di contatti ed incontri tra tecnici e rappresentanti istituzionali  della Province di Caserta e Benevento, culminate con il più che fruttuoso incontro tra il Presidente della Provincia di Caserta, Domenico Zinzi, e quello della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, riprende quota l’idea progettuale della realizzazione di una strada a scorrimento veloce che colleghi i capoluoghi di Terra di Lavoro e del Sannio. L’intesa tra i due leader politici, che hanno ridato linfa ad un progetto caldeggiato già dal 2001, col la famosa legge obiettivo, pone basi concrete per la costruzione dell’importante arteria viaria, che, oltre ad avere ripercussioni molto positive sull’economia e lo sviluppo turistico-culturale sia dell’hinterland casertano che dell’entroterra beneventano, fungerà anche da canale privilegiato di scambi di vedute e contatti umani tra due meravigliose civiltà di riferimento, rilanciando, nel contempo, le credenziali interne ed esterne dell’intero territorio regionale. Essendo stati formalmente investiti della questione, sono al lavoro perché l’importante traguardo possa essere centrato in tempi brevi anche gli Assessori ai Lavori Pubblici dei due Enti coinvolti, rispettivamente Francesco Marangone e Antonio Barbieri, che, ben consci dell’importanza del loro compito, ci stanno dando d’impegno per assicurare alla fascia di territorio che qui ci interessa un gioiello infrastrutturale che sicuramente porterà bene e benessere non solo alle popolazioni sannita e di Terra di Lavoro, ma anche a quelle ad esse limitrofi, che così potranno disporre di una nuova e privilegiata direttrice per i loro spostamenti  tra Caserta e Benevento e viceversa. Insomma, un progetto che, al là delle considerazioni, più o meno critiche, che ne possono fare i detrattori e gli avversari politici delle due Amministrazioni chiamate in causa, fa davvero onore a chi l’ha concepito e a quanti sono all’opera per condurlo in porto nel migliore dei modi possibili e, soprattutto, in tempi ragionevolmente contenuti. La grande utilità del manufatto in questione è stata rimarcata recentemente anche dal Consigliere Comunale di Benevento Giovanni Zarro, che, appuntando il suo discorso su argomenti di rilevante e riconosciuta importanza per lo sviluppo e la crescita sia della Provincia di Benevento che del territorio casertano, non ultimi il realizzando aeroporto internazionale di Grazzanise, fa  notare tutte le positività di una dea che, se opportunamente valutata e posta in essere, si tradurrà davvero in uno dei migliori premi ad una realtà territorio che Dio solo sa quanto ne avesse bisogno.

martedì 22 febbraio 2011

Preghiera per implorare Grazie per intercessione del Servo di Dio il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II

Procurata da Daniele Palazzo
O Trinità Santa,
ti ringraziamo per aver donato alla Chiesa il papa Giovanni Paolo II
e per aver fatto risplendere in lui la tenerezza della tua paternità,
la gloria della Croce di Cristo e lo splendore dello Spirito d’amore.
Egli, confidando totalmente nella tua infinita misericordia
e nella materna intercessione di Maria
ci ha dato un’immagine viva di Gesù Buon Pastore,
e ci ha indicato la santità come misura alta della vita cristiana ordinaria
quale strada per raggiungere la comunione eterna con te.
Concedici, per sua intercessione, secondo la tua volontà,
la grazia che imploriamo,
nella speranza che egli sia presto annoverato nel numero dei tuoi santi.
Amen.

CONCA DELLA CAMPANIA: TORNERA’ AGLI SPLENDORI DI UN TEMPO LA CAPPELLA DI SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI. IN PRIMAVERA, I LAVORI.

di Daniele Palazzo
E’ previsto per la prossima primavera l’inizio dei lavori di ristrutturazione e restauro conservativo della chiesetta campestre dedicata al culto di Maria SS di Costantinopoli, che si posiziona all’altezza del bivio cosiddetto di Rio Petroso, lungo la strada provinciale che collega Vezzara di Conca della Campania a Torazzi. Da leggere in quest’ottica anche i recenti interventi di ripulitura dalle erbacce che la soffocavano e di bonifica e risanamento ambientale dell’area in cui sorge l‘antico manufatto, nel quale orde ed orde incivili avevo scaricato ogni genere di rifiuti. In quanto al reperimento delle risorse economiche necessarie al buon pro del progetto, ancora una volta, si punta sulla pietà popolare e, va detto, i vezzaresi, che sono stati sempre molto legati. Ora che, la sacra struttura è ritornata alla “luce” del sole, la si può ammirare in tutta la sua maestosa bellezza. La pianta latina(intatta) e la volta a botte(distrutta quasi per intero a causa dell’incuria degli uomini e del tempo)conferiscono a questo particolare luogo sacro un alone di grande fascino sul viandante che vi passa davanti e sente l’esigenza di entrare e recitare una preghiera alla Madonna. Al recupero della  “Cappella”, nome con cui tutti i concani sogliono indicare la sacra edicola, stanno lavorando i membri di un apposito di un apposito Comitato di cittadini, che si dicono pronti a qualsiasi sacrificio a chè lo storico monumento possa tornare agli antiche splendori. All’interno della costruzione medesima, si trova u affresco raffigurante Santa Maria di Costantinoli, che è detta anche Odigitria, cioè “Colei che indica la via. Quale scelta più appropriata per un luogo di culto che si staglia su un trivio lungo il quale, in tempi andati, transitavano fior di cortei di pellegrini diretti verso il Santuario di Santa Maria dei Lattani, in Roccamonfina.

SULLE ALTURE DELLA SALITA DEI GRADILLI, DI CASERTA, LA NUOVA ESCURSIONE MONTANA DEL “MTB & TREKKING VOLTURNO, DI VAIRANO PATENORA

di Daniele Palazzo
Si concretizzerà nel bellissimo scenario della Salita dei Gradilli, di Caserta, la nuova tappa del ricco calendario di passeggiate in montagna organizzate  dal gruppo di lavoro della MtB & Trekking Volturno, di Vairano Patenora, che, coordinata, con ottime capacitamanagiriali, da Terenzio De Tommaso(è validamente collaborato dal Presidente, Angelo Pellegrino, dal Vicepresidente, Giancarlo Cadoni, e dai Consiglieri Francesco Pellegrino, Nicola Fera e Alfredo Salzillo), si presenta come uno dei sodalizi meglio messi del suo genere a livello non solo provinciale. L’appuntamento è per domenica prossima, 27 dicembre, con raduno presso la sede dell’organismo proponente. Dunque, l’ultima uscita della serie, realizzatasi sulle alture che ospitano le pale eoliche del Comune di Ciorlano, per De Tommaso e i suoi si profila un’altra giornata a contatto con la bellezza e la magia della montagna. Il fatto poi che si sia scelta la zona dei Gradilli(800 slm), che, natura intatta, paesaggio mozzafiato ed aria salubre, costituisce polo di attrattiva privilegiato per ogni vero amante del trekking e del contatto con la natura e le bellezze del territorio rende ancora più appetibile la proposta avanzata dal valido sodalizio vairanese. Per ogni evenienza, sono contattabili i numeri telefonici 3393069959, 3383132180, 3286592396, 3385821527, 3337401449 e 3389622941.

IL VALORE DELLA VITA NELL’ESEMPO DI SUA SANTITA’ GIOVANNI PAOLO II

di Daniele Palazzo
Molto interessante e densa di contenuti e spunti di riflessione la nuova edizione di “Chiesa in Cammino”, organo di stampa della Parrocchia di San Bartolomeo Apostolo, in Vairano Patenora. Il nuovo numero del giornale, uscito nei primi giorni del mese in corso, è dedicato quasi per intero alla meditazione e all’approfondimento spirituale del significato cristiano della vita, inteso non sugli sterili e falsi stereotipi che ci offre il mondo cosiddetto moderno, ma come esperienza concreta di carità cristiana e continuo e convinto modellarsi al genuino e santificate esempio del Figlio di Dio e di Sua Madre, la Vergine Maria. Come si evince anche leggendo un passo del settore on line del prodotto mediatico di riferimento, il secondo mese dell’anno  è dedicato alla vita. Calzante, dunque, la scelta del Parroco, Don Pasquale Di Robbio, di concentrare l’ossatura del loro strumento di informazione e cultura religiosa sul dono della vita e sul come viverla per piacere a Dio. Tanto più che, il 13 di questo mese, la chiesa Universale e quella Particolare hanno celebrato a dovere la “Giornata Nazionale per la Vita”, che, grazie anche al genuino modus proponendi delle eccelse guide spirituali che il Signore della Vita, con immensa bontà ed amore di Padre attento alle esigenze dei suoi figli, ha voluto concederci, induce il cristiano ad interrogarsi sul perché della grave crisi in atto per quanto riguarda l’educazione alla cultura e alla difesa della vita, oggi sotto attacco da tutte le parti. Dio ci ha dato la vita quale gratuito e preziosissimo dono, unico, insopprimibile e non negoziabile, da amare e sostenere fino al giorno della sua naturale conclusione.  La vita, come testimoniato anche dai tanti infermi  che hanno gioito e lodato il Signore nel corso della recente “Giornata Mondiale del Malato”(11 febbraio scorso), è un grande mistero, che va accolta e custodita con grande amore. Questo il pensiero di Don Di Robbio e dei suoi più stretti collaboratori, che, anche sull’esempio in merito della Chiesa intera, sono attenti soprattutto ai dettami evangelici su come vivere e rispettare la vita. Un fulgidissimo esempio di vita cristiana, eroicamente vissuta, è quello attuato e comunicatoci dal cosiddetto Papa Grande, Grande Sua Santità Giovanni Paolo II, che, non a caso, in attesa che maturino i tempi per innalzarlo alla gloria degli altari con la proclamazione della sua Santità, il primo maggio prossimo, nel corso di una solenne cerimonia, da tenersi in Piazza San Pietro, a Roma, sarà beatificato da Papa Benedetto XVI. Sul sito della stessa Parrocchia vairanese, tutti i particolari in merito e perfino un video di immagini e musica sulla vita di questo nostro fratello in Cristo Gesù e un modello di preghiera da rivolgergli con devozione e pieneszza di fede.

CONCA DELLA CAMPANIA: TORNERA’ AGLI SPLENDOI DI UN TEMPO LA CAPPELLA DI SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI. IN PRIMAVERA, I LAVORI

di Daniele Palazzo
E’ previsto per la prossima primavera l’inizio dei lavori di ristrutturazione e restauro conservativo della chiesetta campestre dedicata al culto di Maria SS di Costantinopoli, che si posiziona all’altezza del bivio cosiddetto di Rio Petroso, lungo la strada provinciale che collega Vezzara di Conca della Campania a Torazzi. Da leggere in quest’ottica anche i recenti interventi di ripulitura dalle erbacce che la soffocavano e di bonifica e risanamento ambientale dell’area in cui sorge l‘antico manufatto, nel quale orde ed orde incivili avevo scaricato ogni genere di rifiuti. In quanto al reperimento delle risorse economiche necessarie al buon pro del progetto, ancora una volta, si punta sulla pietà popolare e, va detto, i vezzaresi, che sono stati sempre molto legati. Ora che, la sacra struttura è ritornata alla “luce” del sole, la si può ammirare in tutta la sua maestosa bellezza. La pianta latina(intatta) e la volta a botte(distrutta quasi per intero a causa dell’incuria degli uomini e del tempo)conferiscono a questo particolare luogo sacro un alone di grande fascino sul viandante che vi passa davanti e sente l’esigenza di entrare e recitare una preghiera alla Madonna. Al recupero della  “Cappella”, nome con cui tutti i concani sogliono indicare la sacra edicola, stanno lavorando i membri di un apposito di un apposito Comitato di cittadini, che si dicono pronti a qualsiasi sacrificio a chè lo storico monumento possa tornare agli antiche splendori. All’interno della costruzione medesima, si trova u affresco raffigurante Santa Maria di Costantinoli, che è detta anche Odigitria, cioè “Colei che indica la via. Quale scelta più appropriata per un luogo di culto che si staglia su un trivio lungo il quale, in tempi andati, transitavano fior di cortei di pellegrini diretti verso il Santuario di Santa Maria dei Lattani, in Roccamonfina.

lunedì 21 febbraio 2011

Napoli - Mobilitazione sociale di circa 2000 cooperative sociali- Il responsabile campano del Coordinamento delle Comunità di tipo famigliare Salvatore Fedele ospite ad “ANJA SHOW” mercoledì prossimo

da Mattia Branco, riceviamo e pubblichiamo
“IL WELFARE NON E’ UN LUSSO”

Sergio D'Angelo



Sintesi sulla vertenza
Scioperi della fame collettivi, manifestazioni di piazza, occupazioni: a Napoli da qualche mese sono protagonisti di una grande mobilitazione sociale circa 200 cooperative sociali e associazioni, riunite nel comitato “Il welfare non è un lusso” di cui è portavoce Sergio D’Angelo.
Da anni le associazioni, laiche e cattoliche, e le cooperative sociali, in integrazione con il sistema pubblico, si fanno carico dei servizi per anziani, disabili, sofferenti psichici, tossicodipendenti, bambini e ragazzi, mamme sole, donne vittime di violenze o costrette a prostituirsi, anticipando i costi di gestione e garantendo contemporaneamente un notevole risparmio di risorse economiche pubbliche.
Si tratta di un contributo importante alla realizzazione di tanti percorsi di inclusione sociale e di reinserimento lavorativo, oggi disconosciuto dalla Regione, che non investe nelle politiche sociali e sta facendo retromarcia anche nel settore socio-sanitario, procedendo con proroghe minime dei servizi e non pagandoli da oltre un anno e mezzo, senza prendere in considerazione una loro stabilizzazione.
Simbolo della protesta, che riguarda i tagli al welfare operati da governo nazionale ed enti locali, è l’ex manicomio Leonardo Bianchi, da circa due mesi occupato e riaperto al territorio da alcuni operatori sociali e socio-sanitari che anni fa avevano contribuito a chiuderlo, in attuazione della legge Basaglia, e che ora si ritrovano con posti di lavoro precari e migliaia di utenti a rischio di vedersi sottrarre i servizi da un giorno all’altro. Dopo l’occupazione simbolica del Museo Archeologico Nazionale, del Palazzo Reale, della sede comunale di Palazzo San Giacomo, del teatro San Carlo (nel bel mezzo dell’inaugurazione della stagione lirica), un gruppo di operatori sociali dal 20 gennaio 2011 sta anche presidiando il Maschio Angioino, monumento simbolo della città, che è stato perfino “scalato” da due lavoratori.
L’intero sistema socio-assistenziale sta crollando, per mancanza di fondi e per i debiti che la Regione, gli enti locali e le Asl hanno verso le associazioni e le cooperative sociali cui hanno affidato la gestione dei servizi, usandoli come vere e proprie banche: basti pensare che coop e associazioni hanno anticipato complessivamente ben 500 milioni di euro di costi di gestione, e ora non ce la fanno più.
Ma il problema non è “solo” quello dei ritardi dei pagamenti: Regione Campania, Comune di Napoli, Ambiti Territoriali, Aziende Sanitarie Locali, stanno andando a marcia indietro in tema di politiche sociali, decidendo di non investire più in questo settore.
Nonostante le manifestazioni, l’occupazione del manicomio e di vari monumenti simbolo di Napoli, nessuna risposta concreta è arrivata dalle istituzioni, a parte qualche generica dichiarazione di intenti. Per questo le organizzazioni sociali chiedono di dichiarare lo stato di crisi del welfare in Campania per ottenere così l’intervento del governo nazionale.

I numeri
La vertenza delle organizzazioni sociali coinvolge l’intera Campania, al collasso non solo per la questione rifiuti ma per un’emergenza che riguarda 630 mila anziani non autosufficienti, 25 mila persone tossicodipendenti, 156 mila disabili, 46 mila sofferenti psichici, un milione di bambini e altre migliaia di persone tra le più fragili della popolazione. Solo a Napoli oltre 34mila famiglie sono povere, in Campania lo è una su quattro. Tutte stanno rischiando di essere lasciate senza servizi sociali e socio-sanitari: vale a dire che stanno chiudendo le comunità, le case famiglia, i gruppi appartamento, i centri per i sofferenti psichici, i malati di Alzheimer, i disabili, i bambini e i ragazzi maltrattati, le donne abusate. Ventimila operatori sociali rischiano di perdere il lavoro.
Dopo i tagli del governo al fondo nazionale per le politiche sociali, la Regione ha di fatto dimezzato le risorse proprie, nonostante in Campania una famiglia su quattro sia alle soglie della povertà e la disoccupazione sia a livelli doppi rispetto a quelli nazionali.

La Regione spende poco meno di 33 euro a persona all’anno per i servizi socio-assistenziali, dieci volte di meno di quanto spende la Valle D’Aosta (344 euro).
La Regione Campania sta mettendo a repentaglio il lavoro di migliaia di operatori e la certezza dell’assistenza a 20mila persone; sta smantellando una sanità territoriale vicina agli anziani, ai malati, ai disabili, ai sofferenti psichici e alle loro famiglie, che in questi anni ha permesso di ridurre i ricoveri in ospedale e ha consentito la cura delle persone nei loro ambienti di vita, sostenendole nella ripresa dell’autonomia e nel recupero della socialità.
Le politiche sociali e socio-sanitarie rivestono un ruolo centrale per garantire benessere e giustizia sociale. Hanno bisogno però di essere sostenute con risorse e investimenti progettuali forti, in grado di consentire l’attivazione di servizi di qualità a vantaggio di tutti i cittadini, soprattutto di quelli che vivono in condizione di particolare svantaggio.

Il comitato Il welfare non è un lusso
Il comitato Il welfare non è un lusso nasce nel 2007 dall’unione di oltre 150 cooperative e associazioni, impegnate nei servizi sociali e socio-assistenziali di Napoli e della Campania per conto di (o in convenzione con) il pubblico. Il rientro del debito con associazioni e cooperative sociali, la riduzione dei tagli alla spesa sociale e il sostegno del lavoro sociale: questi i temi al centro della vertenza del comitato.
Gesco, Solco, Cnca, Movi, Legacoopsociali, Forum Terzo Settore, Federazione Città Sociale le sigle più note del comitato, che si è battuto, nel corso del tempo, in rappresentanza di migliaia di operatori sociali, per sostenere il loro lavoro e dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini.

domenica 20 febbraio 2011

CASTELVOLTURNO. DOMENICA PROSSIMA, 27 FEBBRAIO, MANIFESTAZIONE DI TIRO CON L’ARCO.




Gelsomina Nozzolillo


di Daniele Palazzo
Evento sportivo di un certo rilievo, domenica prossima, 27 febbraio, presso il Palazzetto dello Sport di via Occidentale, a Castelvolturno. Una ottantina di arcieri provenienti da tutto il territorio campano e dalle regioni Puglia, Molise, Lazio, Emilia Romagna e Marche si sfideranno all’ultimo “dardo” nell’ambito del “II° Torneo di Tiro con l’Arco “Città di Castelvolturno”. Si tratta di una manifestazione a carattere interregionale che, organizzata dell’A.D.S. Arcieria Aphrodite, di Castelvolturno, viene patrocinata dal Comune di Castelvolturno e sostenuta dalla Federazione Italiana Tiro con l’Arco(FITARCO). Come da programma, gli atleti partecipanti, selezionati in base alle rispettive categorie di appartenenza, si cimenteranno nelle specialità denominate  “Arco Olimpico”, “Compound” e “Arco Nudo”. Abbastanza consistente il plotone di squadre campane che parteciperanno all’attesa kermesse. Tra queste, oltre a quella di casa, ovviamente, ricordiamo in primis quelle degli “Arcieri Normanni”, di Aversa, e degli “Arcieri Campani”, di Capua, nonché quelle degli “Arcieri Arechi”, di Salerno, degli “Arcieri Primavera”, di Cardito, degli “Arcieri Sanniti e degli “Arcieri del Sannio”, di Benevento, degli “Arcieri Irpini”, di Avellino, dell’“Arco Club Capri”, di Capri, dell’”Arco Club Napoli” e dell’”Arceria Partenopea”, di Napoli. Punti di Forza della società organizzante saranno Gelsomina Nozzolillo(appartenente alla Categoria “Allievi”, ha recentemente fatto suo, con il secondo miglior punteggio su scala nzionale, il pass per i Campionati Italiani della Specialità “Compound”, che si disputeranno a Padova tra il 5 e il 6 marzo a venire)e Roberta Carandende(avendone acquisito titolo, parteciperà alche lei alle fasi nazionali padovane), due autentici “mostri” di bravura e tecnica vincente che certamente daranno molto filo da torcere a tutti i loro avversari. Tornamdo all’evento di domenica prossima, la Nozzolillo e la Carandente saranno affiancate dai compagni di squadra Armando Daria, Massimo Frezza, Claudio Varriale, Gino Nozzolillo, Carolina Nozzolillo, Paola Santoro, Dario Posteraro, Paola Cusano e Annachiara Nozzolillo, la quale ultima, quarta rappresentate della “Nozzolillo Dinasty”, con i suoi undici anni, è la mascotte e il portafortuna dell’intero gruppo.Con l’Assessore allo Sport del Comune di Castelvolturno, Enrico Sorrentino, il Presidente Regionale della FITARCO, Drancesco Fusco, e il Delegato federale FITARCO per il Sud Italia, Domenico Del Piano, presenzierà all’evento anche il Sindaco di Castelvolturno, Antonio Scalzone, che più volte ha avuto modo di incoraggiare l’opera dei curatori del plurimedagliato sodalizio arcieristico operante nella città affidata alle sue cure amministrative. Ovviamente, molto soddisfatto per i risultati e le conquiste ottenuti finora, sia in campo prettamente agonistico che su scala squisitamente educativa educativa(da non dimenticare, infatti, che il club di tiro con l’arco nato un paio di anni or sono nel centro in riva al Tirreno svolge anche una funzione altamente sociale, contribuendo, pur nel suo piccolo, ad offrire a bambini, adolescenti e giovani locali e non proposte di impegno costruttivo che li tengano alla larga dalle insidie della strada e della noia quotidiana)il Presidente dello stesso team arcieristico, Salvatore Traino, che, mosso dalle medesime finalità che, a suo tempo, lo avevano spinto a dare corpo e forma alla bellissima creatura sportiva, ha al suo attivo pure l’aver costituito su Facebook un gruppo denominato  “Uniti per lo Sport a Castelvolturno”.In conclusione, rimane da sottolineare che la manifestazione sportiva oggetto di questa nota si articolerà in una tranche mattutina(inizio ore 9.00) e in una pomeridiana)ore 16.00). La premiazione, invece, è prevista per le ore 18.00.

Latina. Funerali di Luigi Gavazzi, primo barbiere di Littoria.

Il duce Benito Mussolini

Storica immagine di Littoria

di Daniele Palazzo
Ultimo saluto, ieri mattina, nella Chiesa di San Marco, in Latina, al popolarissimo Luigi Gavazzi, noto per essere stato il primo barbiere della città. Il suo storico salone aprì i battenti nel lontano 1933, presentandosi come il primo negozio del genere dell’allora Littoria. Nel salone gestito dall’interessato, stando alla leggenda, si sarebbe servito lo stesso Mussolini. Si narra, infatti, che, in occasione di qualcuna delle sue frequenti visite in terra pontina, il Duce del Fascismo abbia deciso di onorare della sua presenza il negozio del rinomato artigiano, che sorgeva nella centralissima Piazza del Popolo, a pochi metri dalla altrettanto famosa Rosticceria “Benedetti”. Per oltre mezzo secolo, l’esercizio commerciale di Gavazzi, grazie anche al carattere gioviale e al naturale senso di comunicazione ed apertura al nuovo e al bello della vita del decano riconosciuto dei coeffeurs attivi nello splendido capoluogo pontino (chi lo ha conosciuto afferma che, in quanto a comunicatività e senso di appartenenza alla comunità, Gavazzi non era secondo a nessuno) ha funto da luogo privilegiato di aggregazione e scambi umani e culturali per buona parte della cittadinanza locale. Quando, venne chiuso (correva l’anno 1986), fu come strappare la parte migliore del tessuto connettivo di un popolo che, per tanti anni, aveva goduto dei benefici e delle ottime credenziali derivatigli dalla grandezza di uomo e di professionista di Luigi Gavazzi (nato a Cisterna di Latina nel lontano 1920, ha trascorso tutta la sua vita a Latina), il cui nome resterà, ad imperitura memoria, nel cuore e nelle menti di tutti i latinensi. Lo testimoniano anche le tantissime persone che hanno partecipato alle sue esequie, che non hanno voluto mancare di rendere onore alla figura di una grande persona, di un  uomo che, facendo leva su un senso di dirittura morale d’altri tempi e su una possanza d’uomo davvero ammirevole e sicuramente da emulare, ha fatto bene a tutti i suoi compaesani.