I. Maria e il Padre
1 maggio - La Prediletta del Padre
Ogni cosa creata porta l'impronta passiva delle perfezioni divine. Nella sua eternità, la Trinità divina ha pensato di assumere, nella persona del Figlio, la natura umana tramite una Madre. Per redimere l'uomo decaduto, ha pensato Maria. Per questa mediazione materna ha dotato Maria di ogni dono umano e grazia divina.
2. Maria è la Figlia prediletta del Padre, la primogenita, nella mente divina, tra tutte le creature. In lei ha voluto preparare una degna dimora al suo Figlio fatto uomo; ha voluto farne la perla più preziosa dell'universo, in modo che il Figlio potesse rallegrarsi e glorificarsi di tanta Madre.
Per le mistiche nozze tra la natura divina del Figlio e la natura umana, il Padre ha voluto disporre in Maria un talamo nuziale purissimo, splendido, ricco di ogni ornamento celeste e terreno. Ha fatto di lei la prima redenta, riscattata dal sangue purissimo del Figlio prima ancora che fosse soggetta alla comune macchia di origine provocata da Adamo ed Eva.
Il Padre ha donato a lei il Figlio fatto uomo perché lo circondasse di affetto materno, in modo che il Figlio trovasse sulla terra un riflesso della stessa divina paternità. Per questo ha arricchito Maria di sentimenti nobilissimi, degni del Figlio di Dio fatto Uomo.
Per quest'opera straordinaria della sua creazione, il Padre ha affidato allo Spirito Santo il compito di colmare il cuore immacolato di Maria di ogni dono: lo Spirito Santo ha effuso in Maria una singolare misura di grazia, e con essa i sette suoi doni e tutti i frutti e le virtù soprannaturali e morali.
Divinamente adorna di ogni bellezza, Maria percorre le strade del mondo rivelando in se stessa la munificenza regale del Padre e suscitando al suo passaggio la gloria alla divina Maestà.
3. Questa bellezza della Figlia prediletta di Dio risplende in luce piena nel Paradiso, dove Maria è la celeste condottiera di tutte le schiere angeliche e umane, redente dal sangue di Cristo in grazia della sua divina Maternità.
Il Padre ha fatto di lei la Mediatrice tra l'intera umanità e la Santissima Trinità , la Mediatrice tra noi e lo stesso Figlio di Dio fatto uomo.
Tutta la gloria di Maria si rifrange verso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo in un «Magnificat» che non avrà più fine. Non un «Magnificat» di parole, ma un inno che si sprigiona dal suo stesso essere Madre di Dio, così bella, così amabile, così impregnata della luce che viene dal Creatore e dal suo Figlio Redentore del mondo.
Nessuna creatura riverbera, quanto lei, lo splendore eterno del Padre, per la sua somiglianza con il Figlio fatto Uomo nel suo grembo in virtù dello Spirito di Amore.
II. Maria e il Figlio
1. Il Vangelo di Maria comincia con l'annuncio della sua verginità: una verginità del cuore e del corpo che la Chiesa , riflettendo sulla Rivelazione, dichiara perennemente incontaminata. Incarnandosi in Maria, il Verbo di Dio la rese ancor più vergine: il suo stesso corpo fu consacrato alla funzione di dare un corpo al Figlio di Dio fatto uomo.
2. Una esigenza primaria della vita cristiana è la purezza del cuore. Alcuni conservano il cuore vergine anche nel fidanzamento e nel matrimonio. Altri hanno scelto la verginità del cuore e del corpo come stato permanente di vita, come consacrazione a Dio. Coloro che hanno il cuore vergine sono segnati dalla predilezione di Maria, sono la sua schiera prediletta. Prima ancora di scegliere Dio, sono stati scelti da lui: rispecchiandosi in essi, Dio ravvisa la propria immagine e quella di sua Madre e stabilisce con essi un rapporto d'amore sponsale: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio».
La verginità custodisce gelosamente gli sguardi, il corpo e le profondità dei pensieri. Si ammanta di rispetto, fa sì che l'amore sia veramente amore.
3. Consacrarsi a Maria significa decidersi per la purezza del cuore, qualunque sia lo stato di vita. Questa purezza interiore ed esterna è il primo dono che il mondo tenta di rapire; chi la possiede è impegnato a difenderla a costo del sangue. Luigi Gonzaga ha fustigato il proprio corpo, Maria Goretti si è lasciata trucidare, Alexandrina da Costa (Alexandrina da Balasar, beata il 25 aprile 2004) si è gettata da una finestra rimanendo paralizzata per tutta la vita: ma la purezza valeva immensamente di più del prezzo pagato. Chi l'ha nel cuore può esclamare con Maria Paola Mandelli: «Ho il cuore pieno di luce. Provo felicità di sentirmi pura! ».
Che cos'è la castità o purezza di cuore? In sostanza si riduce a un interiore rispetto alla persona nel suo essere corporeo. Essa esprime la nobiltà del cuore che ama, l'elevatezza dello spirito che rifugge di degradarsi a pensieri, parole e azioni irrispettose verso la propria e l'altrui persona.
La purezza del cuore è la virtù più insidiata dalla sovversione, che si serve dell'impurità come dirompente sociale. Essa agevola la maturazione affettiva equilibrata del giovane, conferisce elevatezza d'animo, dispone alla santità.
Nel matrimonio essa contiene nella sfera dell'amore gli atti propri della procreazione, e agevola l'armonia coniugale, con influsso benefico sui figli.
Nella vita consacrata non è una rinuncia all'amore, ma a quanto impedisce la piena espansione dell'amore spirituale. Essa orienta direttamente verso Dio l'affetto del cuore senza mediazioni create; apre a un amore più universale verso il prossimo, come è testimoniato dalla dedizione dei consacrati a opere di carità verso i bisognosi di ogni sorta; conferisce finezza cristiana nella misura che si alimenta all'amore di Dio.
1. Come mai Maria , che aveva deciso di rimanere vergine, si fidanzò con Giuseppe? Certamente perché vide in lui un appoggio alla sua verginità. La Provvidenza , che vegliava su Maria, le preparò l'uomo «giusto», fatto secondo il cuore di lei.
Fidanzati ci si sceglie al proprio livello. Se il Monte Bianco potesse fidanzarsi, direbbe la sua parola d'amore alle vette che gareggiano con la sua altezza.
2. Come si conobbero Maria e Giuseppe? Il Vangelo non lo dice, ma sappiamo che le vette si intuiscono a distanza. È molto probabile che, tramite i misteriosi canali dello Spirito di Dio, entrambi si trovassero d'accordo su un punto: che il Messia sarebbe venuto come dono spirituale, come fermento di elevazione del mondo; bisognava quindi preparargli la strada, stendergli un tappeto. Il tappeto degno del Messia non era un matrimonio normale, ma un matrimonio verginale. Se così non fosse stato, dovremmo sciogliere l'insolubile enigma di Maria che impegna un giovane ad esserle fidanzato per poi defraudarlo dell'attesa fondamentale di un matrimonio.
Maria e Giuseppe erano quindi creati l'uno per l'altra, in vista di una singolare vicenda d'amore verginale dalla quale sarebbe fiorito il Cristo al mondo.
3. Consacrarsi a Maria significa offrirsi a lei come canali viventi della sua azione cristificatrice tra i nostri amici. Anche le amicizie di scelgono a proprio livello, o almeno tendono a raggiungerlo, pena lo scioglimento: l'amore o trova pari o rende tali. Il nostro amore deve estendersi a tutti, compresi i più miserabili e gli stessi oppositori di Dio, ma quando si tratta di scegliere un amico, bisogna che sia nostro pari, perché non ci porti in giù, e meglio ancora superiore, perché ci porti in su. Un'amicizia che porta in basso va stroncata. Un fidanzamento che non porti in su è di cattivo auspicio. Un matrimonio che porti in giù è una grave sciagura.
L'amicizia è una delle forme più spontanee e incisive d'irradiazione del bene: le so coltivare ed elevare?
4. Maria ha scelto il suo stato di vita secondo il costume del suo ambiente, ma con un intuito spirituale che superava il modo comune di intendere, solitamente non elevato. Il problema della scelta dello stato si impone a ogni giovane che raggiunge la maturità: che farò domani? mi sposo? con chi? mi consacro a Dio? come?...
È una scelta carica di conseguenze per tutto l'avvenire: quali danni può provocare un amore non illuminato, una moglie futile e leggera, un marito sprecone...
È il momento in cui il giovane punta ad esprimere il meglio di sé, con tutto l'ardimento di cui è capace. Può sentire il richiamo al sacerdozio, alla vita missionaria o consacrata: occorre chiedere luce abbondante e forza di dire di sì a Dio. Ma anche per la scelta del coniuge giusto occorre il dono del consiglio, con cui interpretare bene i segni della volontà di Dio, e molta preghiera, non solo per ottenere luce e forza, ma anche per evitare certi imprevisti che Dio solo conosce. Maria è «Madre del Buon Consiglio».
Sono parole da meditare in tutta la loro portata biblica. Esse annunziano il dono del Figlio di Dio al mondo tramite Maria, che sarà la prima illuminata dall'incandescenza divina, la «piena di grazia». Grazia sostanziale sarà per lei Gesù stesso, concepito nel suo grembo; questo dono apporterà a Maria il complesso di tutte le ricchezze che rientrano nella sfera della grazia: l'elevazione di Maria a un rapporto singolare con le tre Persone divine, una eccezionale esuberanza di vita divina con il corredo di tutti gli altri doni soprannaturali e umani che fanno di lei la «piena di grazia» sopra ogni altra creatura.
2. Riflettendo sulla Rivelazione alla luce dello Spirito Santo la Chiesa ha dedotto che, in vista della sua predestinazione ad essere Madre di Dio, Maria fu concepita Immacolata: tale fu pensata nella mente di Dio, tale fu concepita nel grembo materno, tale rimase per singolare privilegio tutta la vita. Non conveniva che la Madre di Dio rimanesse, sia pure per poco tempo, sotto il dominio di Satana, cioè di colui che Cristo veniva a scacciare dal mondo.
Preservata dal peccato in vista del Redentore, Maria fu la prima redenta:
redenta in anticipo, redenta fin dalle origini nel modo più radicale e più pieno. Ciò che la Chiesa ha definito come dogma di fede, trova ancora oggi una conferma nei numerosi miracoli di Lourdes, sottoposti alla verifica di scienziati anche non credenti.
3. Consacrarsi a Maria è decidersi con lei nella lotta contro il peccato, impegnarsi per la vita di grazia. E’ il programma ardimentoso di coloro che sono decisi a perdere la vita pur di ritrovarsi in Cristo.
Che cos'è la vita di grazia?
Il fiore è vegetale per la vita organica, il gatto è animale per l'anima sensitiva, l'uomo è tale per l'anima spirituale: tra le varie forme di vita che questi esseri hanno in sé, ognuno di essi viene definito in base alla forma superiore. Ora, ai tre gradi di vita in lui operanti (vegetativa, sensitiva e spirituale) nel cristiano si aggiunge una forma superiore, soprannaturale, che lo rende «partecipe della natura divina» (1 Pt 1, 4). Questa vita si chiama «grazia santificante». Essa ci è rivelata da Gesù, quando ci insegna che Lui è la vite e noi i tralci che vivono della sua linfa divina (Gv 15, 1 s), oppure «Chi crede ha la vita eterna» (Gv 6, 47), «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6, 54), «Come il Padre che ha la Vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57), ecc.
La «grazia santificante» è ciò che ci fa cristiani e figli di Dio. Questa vita divina ci riceve nel battesimo, si perde con il peccato, ma è possibile ricuperarla mediante la confessione.
1. Dopo il comprensibile turbamento provocato dalla presenza e dalle parole dell'Angelo, Maria riflette e chiede saggiamente spiegazioni.
«Come avverrà questo, se non conosco uomo?». Maria sa, dunque, come nasce un bambino: «conoscere» indica spesso, nella Bibbia, l'atto sponsale. «Non conosco uomo» sulle labbra di Maria esprime chiaramente il suo proposito di rimanere vergine; diversamente Maria avrebbe detto a se stessa: «Ciò che non è avvenuto finora - il conoscere uomo - avverrà in seguito». Maria in altre parole chiede all'Angelo: «Come posso dare alla luce un bimbo, se mi sono impegnata davanti a Dio a non avere rapporti sponsali? Dovrò tenermi dispensata dal mio voto, oppure Dio stesso provvederà a farmi diventare madre in altro modo?».
L'Angelo risponde: «Verrà su di te lo Spirito Santo, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra; per questo il bimbo sarà chiamato (biblicamente = sarà) Figlio di Dio». Con un linguaggio figurato l'Angelo rivela a Maria che la sua maternità sarà diversa dalle altre, perché avverrà per un intervento eccezionale di Dio stesso.
2. Le scarne battute dell'annunciazione rivelano in Maria un vigore mentale e una levatura morale d'eccezione. Nessuna vertigine di vanità, nessuno smarrimento, ma chiara consapevolezza della proposta e dell'impegno da assumere, prudenza squisita ed equilibrio luminoso. Il comportamento di Maria rimarrà sempre un modello mai raggiunto di contegno giovanile: il giovane e la ragazza che meditano il fatto, troveranno sempre in Maria l'esemplare di quella umile consapevolezza dignitosa che costituiscono l'ornamento della gioventù più dotata.
3. Nel contegno di Maria di fronte all'Angelo riluce l'indole personalizzante della grazia di Dio. Darsi a Maria è impegnarsi a elevatezza di sentire, è darsi una personalità che non si lascia strumentalizzare da nessuno, ma obbedisce solo alla Verità e all'Amore.
L'essere cristiani non comporta soltanto l'elevazione data dalla vita di grazia, cioè la nostra partecipazione alla vita di Dio, ma anche lo sforzo di comportarci secondo il cuore di Dio. Un principe che ha parte delle ricchezze del re suo padre, ma non ha il comportamento, l'elevatezza morale, il cuore regale, disonora la propria dignità; così noi, figli di Dio, siamo chiamati, in forza della vita divina, ad avere in noi «gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), cioè a pensare, sentire, agire secondo il cuore di Gesù.
Che cos'è in fondo la santità se non una elevatissima nobiltà di animo che si esprime non solo nella forza di amare Dio sopra ogni cosa fino al martirio e il prossimo come se stessi, ma anche nell'intelligenza dell'amore? L'amore è la linfa segreta di tutte le virtù: 1'«arbore della carità» (S. Caterina) si espande portando ogni frutto spirituale, e l'amore perfetto non è possibile senza anche una sola delle virtù teologali (fede, speranza), o cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), o altre virtù morali (fortezza, pazienza, umiltà, ardimento, ecc.). La grazia di Dio tende a sviluppare in noi ogni perfezione.
Per rispondere bisogna evitare due opposti scogli: se Maria avesse visto in questo nome un termine generico, sia pure insolito, atto a designare un uomo destinato a una altissima missione, ma semplice uomo, non sarebbe stata sufficientemente illuminata sulla sostanza della proposta divina, quindi si sarebbe trovata madre di Dio a propria insaputa; se, all'opposto, Maria avesse avuto una intuizione relativamente piena della persona del nascituro, le sarebbe stato diminuito il merito della fede. Maria dunque comprese che il nascituro sarebbe stato il Figlio di Dio fatto uomo; fino a quale punto potè inabissarsi nella comprensione di questa realtà del Figlio di Dio, cioè quale fosse l'intuizione che essa ebbe della divinità del Messia, non lo sappiamo. Maria però possedeva il punto di appoggio per affidarsi: «Nulla è impossibile a Dio. Lo Spirito Santo verrà su di te ...». Allora pronuncia il suo sì.
2. Un sì estremamente coraggioso. Forse non ci rendiamo conto da quale forza d'animo era sostenuto il sì di questa fanciulla, pressoché quindicenne, di fronte alla sconcertante responsabilità di Madre del Figlio dell'Altissimo. Quando Elisabetta la vedrà varcare la soglia della propria casa, esclamerà con gioia: «Beata te, che hai creduto!». È la beatitudine eminentemente mariana: quella che racchiudeva in sé tutta l'anima di Maria.
Il sì di Maria è espresso nella forma: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». E’ un affidarsi a una parola che si sviluppa nel tempo come il rotolo di Ezechiele, anzi alla stessa Parola di Dio, il Verbo che si farà carne in lei e che la condurrà passo passo, si, ma lungo una via velata di mistero. Mistero di un avvenire imprevedibile, e mistero di un presente che si svolgerà continuamente al passo di Maria per addestrare Maria - e noi tutti - a camminare al passo di Dio.
3. «Ecco la serva del Signore»: sarà il mio programma. Dirò con Maria: «Padre, sia fatta la tua volontà».
Dio ci pone sulla strada del suo piano in due modi:
- con fatti, avvenimenti, realtà indipendenti dalla nostra libera scelta, come l'essere nati in questa epoca, in tale famiglia, con tali doni e limiti; con interventi divini che a noi possono apparire come «casi», ma che da Dio sono disposti con sapienza d'amore; di fronte a tutto questo dobbiamo aprirci con l'atteggiamento dell'accettazione fiduciosa: «Dio sa quello che fa: Egli mi conosce e mi chiama per nome»;
- con i suoi comandamenti o consigli o ispirazioni interiori. Con essi Dio affida a noi personalmente gran parte del nostro destino e ci invita alle scelte migliori. Non dobbiamo mai andare contro i comandamenti di Dio, perché sono la corazza di difesa della nostra persona; possiamo e dobbiamo però seguire generosamente i consigli evangelici e le ispirazioni interiori, in misura della grazia che ci è data da Dio stesso.
1. Dopo l'annuncio dell'Angelo, ci saremmo aspettati di vedere Maria china sul mistero insondabile dell'Incarnazione, tutta raccolta ad assaporare la gioia di portare in grembo lo stesso Figlio di Dio. Non mancarono certo questi momenti contemplativi, che affioravano dal cuore come irradiazione dolcissima della Divina Maternità. Ma lo Spirito è «comunione», e là dove entra porta a «comunicare». Maria allora «sorse e parti sollecitamente verso una città dei monti di Giuda».
Il pensiero di essere diventata Madre di Gesù dava ali al suo cuore. Lungo i centocinquanta chilometri di strada che si insinuava tra i monti e le vallate della Palestina, Maria procedeva speditamente tra il verde e le rocce, incurante dei rovi che intralciavano il sentiero, e il suo canto colmava di allegria quelle silenti contrade.
Il sentirsi prediletta da Dio e innamorata di lui eccitava il suo entusiasmo: avrebbe sofferto, avrebbe dato la vita, ma che importa? Il disegno sconfinato di Dio valeva bene tutto il suo sangue!
Quel canto sgorgato spontaneamente lungo i sentieri incantevoli di Israele erompeva ora nella casa di Elisabetta: l'entusiasmo di Maria diventava travolgente, suscitava la gioia della cugina, faceva trasalire di allegrezza il bimbo nel grembo di lei.
2. All'ombra, nella casa di Elisabetta, c'è un uomo, il suo marito Zaccaria, intristito per quanto gli era capitato per un gesto di pessimismo. Non aveva creduto all'Angelo che gli prometteva la nascita di un bimbo alla sua donna in tarda età; ed era rimasto muto. Possiamo pensare con quanta gentilezza Maria gli sia andata incontro a salutarlo, a incoraggiarlo, a portargli un raggio di gioia col suo lungo soggiorno in quella casa, e come lo avrà animato alla speranza che tutto si sarebbe compiuto bene, e che il dono della parola gli sarebbe stato restituito! ...
3. Darsi a Maria significa votarsi con entusiasmo ad ogni dedizione di amore, cantando con lei, tra i rovi della vita: «L'anima mia glorifica il Signore!».
E anche: comunicare entusiasmo, gioia di vivere e di agire. L'esperienza quotidiana ci pone di fronte a questa realtà: quando il cuore si dilata nell'amore noi entriamo nella gioia; quando il cuore si chiude nell'egoismo e imbocca la strada del peccato, noi entriamo nella tristezza. Tristezza del drogato, del brigatista, dell'impuro, dell'uomo che pensa solo a sé e non si dà pensiero del prossimo...
L'amore è la legge fondamentale e unica del cristiano: «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13, 35). «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo» (1Gv3,14).
L'amore è la sintesi di tutte le virtù. E’ il comandamento del Signore: «Questo è il mio comandamento - il comandamento nuovo (Gv 13, 34) - che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12).
Ma l'amore viene solo da Gesù. Si alimenta alla mensa del Pane di Vita. È Gesù stesso che ci rende comunicativi e diffusori di gioia.
1. Alle lodi di Elisabetta Maria risponde attribuendo ogni merito a Dio: essa riconosce che il Signore ha fatto in lei grandi cose, ma proclama che ciò è avvenuto perché Dio ha rivolto lo sguardo sull'umiltà della sua ancella, attuando per mezzo di lei un disegno di bontà che si estende a tutto Israele e a tutto il mondo.
Maria è uno specchio della gloria di Dio: quanto riceve, tanto irradia, tenendo per sé soltanto la gioia: «Il mio spirito esulta di gioia in Dio mio salvatore!».
2. Consacrarsi a Maria significa entrare nella sua lode e votarsi alla gioia. Il risveglio di molti uomini è triste, appesantito dalla esperienza del peccato. Maria porta i suoi prediletti, a lei consacrati, alla purezza del cuore e a vedere Dio presente nella vita come «Luce intellettual piena d'amore» (Dante).
La gioia è il frutto di un'armonia. Essa può sgorgare dai sensi: gioia sana di un buon pranzo, di una bella musica, di una passeggiata al sole. Più a fondo può sgorgare dallo spirito: gioia di un incontro con il fidanzato, gioia della maternità. La gioia superiore viene dalla vita di grazia, dalla santità del cuore, dall'unione con Gesù Eucaristia, con Dio presente in noi.
3. Prima fonte di gioia è la natura. «È perché non sanno che c'è della felicità in ogni filo d'erba, che gli uomini non riescono a stare in pace» (H. Troyat). Saper gustare le cose, anche le più umili, cogliere la gioia che scorre nel ruscello montano o che scintilla tra le corolle di un fiore, è una prima saggezza. La gioia non viene dalle cose possedute, ma è un atteggiamento del cuore. Non le cose vanno aumentate, ma la nostra attitudine contemplativa.
Una gioia superiore viene dalla contemplazione del piano salvifico di Dio: il suo intervento nella storia per ricuperare l'uomo perduto, la sua presenza eucaristica, la speranza di una vita eterna sono motivi di gioia evangelica.
Ma Gesù ci insegna l'arte di far scaturire la gioia anche dalla zona oscura del dolore, del male: è il senso delle beatitudini evangeliche: «Beati i poveri nello spirito... Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli... » (Mt 5, 1 s).
4. Nessuna situazione umana può toglierci la gioia, se viviamo il Vangelo. Nella stessa agonia dell'orto, la vetta dell'anima di Cristo splendeva al sole dell'amore; San Paolo esclamava: «Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione» (2 Cor 7, 4); gli Apostoli uscirono dal sinedrio «lieti di essere stati fatti degni di patire oltraggi per il nome di Gesù».
I grandi mistici, infine, che hanno sofferto nelle proprie carni e nel proprio spirito la crocifissione con Gesù, al culmine delle loro sofferenze danno testimonianza di una gioia che l'uomo normale non ha.
O Maria, dammi un cuore felice, che irradi la gioia!
«Noi tutti faremmo molto di più per Iddio se ci sforzassimo di portare più gioia nella nostra vita e in quella degli altri» (D. Considine).
1. La gioia di Maria è turbata da una perplessità: come giustificare a Giuseppe il fatto di trovarsi visibilmente incinta? La rivelazione del segreto sarà una garanzia sufficiente per lui? Questa rivelazione è opportuna, corrisponde al desiderio di Dio?...
Mentre Maria medita come comportarsi, Giuseppe viene ad accorgersi dell'accaduto: è troppo visibile, è evidente!... Come sarà avvenuto?...
L'imbarazzo di Giuseppe e la decisione di separarsi occultamente da Maria trova la spiegazione più verosimile nell'umiltà di Giuseppe. E’ probabile che Maria un certo momento gli abbia rivelato l'annuncio dell'Angelo, i fatti in casa di Elisabetta, ecc.; e che Giuseppe si sentisse indegno di questa nuova situazione e cercasse il modo di svincolarsi da Maria, ma l'Angelo gli rivelasse la sua missione di vero Sposo di Maria e Padre legale di Gesù, creduto dagli altri padre naturale.
2. Senza cattiveria di nessuno, nella vita possono verificarsi equivoci imbarazzanti, capaci di compromettere l'amicizia, la buona fama. Ciò che conta è conservare la giustizia, affidando a Dio la soluzione delle nostre difficoltà.
Maria trovò giusto tacere a lungo: Dio avrebbe pensato.
Giuseppe trovò giusto tacere e separarsi occultamente da lei: Dio avrebbe provveduto.
E Dio provvide alla gioia di entrambi. L'Angelo gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa; perché ciò che in lei è generato è opera di Spirito Santo. E darà alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati».
L'opera di salvezzza è già in atto nella santità di Maria e nella santità di Giuseppe, 1'«uomo giusto».
3. Con Maria e Giuseppe amiamo Dio sopra ogni altra cosa.
E anche il prossimo con intelletto d'amore.
Neppure a Maria e a Giuseppe, così santi, furono risparmiate difficoltà e situazioni penose, con enigmi che al momento sembravano insolubili. In tali situazioni occorre affidarsi a Dio con pazienza, e dire: «Ciò che è impossibile all'uomo, è possibile a Dio». Se Giuseppe avesse ceduto a moti impulsivi avrebbe offeso Dio e anche la più innocente delle creature. Giuseppe e Maria si affidarono a Dio e non diffidarono neppure dell'uomo.
Quante volte la difficoltà improvvisa può renderci ingiusti anche verso il prossimo, farci cadere in giudizi avventati, in parole o gesti imprudenti e offensivi!
La pazienza è una virtù indispensabile alla vita cristiana. Essa fa parte della fortezza. Di fronte alle situazioni difficili e penose ci aiuta a non perdere l'equilibrio e il dominio delle nostre facoltà, a mantenerci nella calma. Ci risparmia gesti avventati e inopportuni che potrebbero aggravare la situazione.
Con un po' di intelligenza, col saper attendere che venga la luce, con una conveniente iniziativa anche le situazioni più spinose si risolvono, talvolta meglio di quanto si poteva sperare, soprattutto se invochiamo il dono del consiglio e della fortezza.
1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pastori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».
Beatitudine: come?
Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Questa gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.
2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.
La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.
La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.
3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.
Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie contrarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.
Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.
Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
l. I pastori e i magi giunti alla grotta Vi trovarono, col Bambino, Maria e Giuseppe. Il Bimbo non parlava ancora; Maria e Giuseppe accoglievano, spiegavano, offrivano: erano i presentatori di Gesù, gli interpreti della sua voce.
Dio giunge a noi attraverso mediazioni create, il Trascendente comunica con noi attraverso varie specie visibili della sua presenza. Possiamo distinguere innumerevoli mediazioni gerarchizzate secondo la loro maggiore o minore connessione con lo Spirito di Dio. Così, ad esempio, il pane e il vino sono segni sensibili della presenza eucaristica di Gesù, e la sua umanità è rivestimento visibile del Verbo invisibile di Dio.
2. Tra le varie mediazioni c'è Maria. Essa è l'annunzio materno del Cristo: lo rende presente e comprensibile ai pastori e ai magi, e anche a noi. Non solo: prima della venuta di Gesù, essa, che già ne possiede lo Spirito, lo prennunzia con la propria fisionomia immacolata e verginale; quando Gesù nasce, lei gli dà un volto fatto a sua somiglianza, poi gli insegnerà un linguaggio, le prime abitudini, lo stile umano e sociale.
È vero che col tempo il Figlio trascenderà l'impalcatura educativa impressagli dalla Madre e sarà sempre più lui il maestro di lei, ma nel frattempo ne accetta tutta la mediazione materna: attinge da Maria la propria impalcatura infantile come degno supporto del suo ulteriore sviluppo, per irradiare a sua volta sulla Madre le perfezioni insondabili della sua maturità.
Gesù tra le braccia di Maria ci insegna ad accogliere con rispetto tutte le mediazioni: della Chiesa, dei Santi, del Vicario di Cristo, del sacerdote, dei genitori, dei superiori, dei buoni amici, di ogni creatura, e in modo particolarissimo quella di sua Madre. Il rifiuto delle mediazioni comporterebbe la rottura dell'armonia sapientissima con cui Dio provoca la nostra crescita.
3. Darsi a Maria significa aprirsi al rispetto, addestrarsi con amore al gioco provvidenziale degli eventi con cui Dio stimola la nostra maturazione, e cogliere, al di là di ogni mediazione creata, il volto amante di Dio.
La realtà terrena, nel suo insieme, è segno della presenza di Dio. Questa presenza ha certo dei luoghi privilegiati, quali la Chiesa , e soprattutto l'Eucaristia, dove Gesù è presente come Dio e anche come Uomo. Attraverso tutte le specie create, noi siamo chiamati e comunicare con Dio stesso, «Colui che sta al di là di tutte le case» (S. Gregorio Nazianzeno ).
I pastori e i magi si unirono all'adorazione di Maria e Giuseppe. Noi pure ci metteremo in adorazione d'amore verso il Verbo di Dio fatto Uomo.
Più che un atto, l'adorazione è un modo di essere. L'adorazione è la prostrazione del cuore verso Colui che ci ha creati, e che quindi ha su di noi il diritto di essere considerato come il Primo Amore. Egli solo può dire parole di una esigenza radicale: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me. Chi non rinuncia alla sua stessa vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 25 s e paralleli).
l. Maria e Giuseppe portarono il Bimbo nel Tempio per offrirlo a Dio quale primogenito, come voleva la Leg ge di Mosè. Illuminato dallo Spirito Santo, il vecchio Simeone, che viveva nell'attesa del Messia, prese il Bimbo tra le braccia e benedisse Dio esclamando: «Ora lascia pur partire il tuo servo, o Signore, poiché i miei occhi hanno visto la salvezza!». Rivoltosi poi a Maria le disse: «Ecco, questo Bimbo è posto a caduta e risurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione. E anche a te una spada trapasserà l'anima, in modo che siano svelati i pensieri di molti cuori».
Non è ancora dileguata la dolcezza per la nascita di Gesù, che Maria e Giuseppe si sentono coinvolti nell'uragano che si abbatterà su di lui fin dalla culla, e percepiscono di essere segno di contraddizione con lui. Erode medita già di sopprimerlo, la fragile famiglia verrà forzata brutalmente alla fuga. Questo destino di persecuzione continuerà per tutta la vita e si perpetuerà nella Chiesa.
2. Tra Gesù e il mondo non c'è intesa, non ci sarà mai. Tra lo Spirito di Gesù e lo spirito del mondo c'è un abisso incolmabile, una incompatibilità radicale. Consacrandoci a Maria, ci mettiamo con lei dalla parte di Gesù contro lo spirito del male: esso non cesserà di farci opposizione, ma sarà una lotta che renderà più pura la nostra appartenenza a Cristo Verità e Amore.
Sentiremo scendere nel cuore la lama che trafisse Maria: una lama che penetrerà fino al midollo, distinguendo le esigenze di Gesù da quelle della carne e del mondo, ciò che viene dallo Spirito e ciò che viene da Satana. Potremo incorrere nell'incomprensione di amici non cattivi, ma languidi, di scarso discernimento spirituale, oppure nell'opposizione dei nemici di Dio. Ma sarà una scelta fascinosa, ci sentiremo purificati dalla Verità che rende liberi. Meglio crocifissi con Cristo che gaudenti in un mondo menzognero.
3. Ho sufficiente consistenza interiore per schierarmi dalla parte di Cristo contro ogni menzogna e ingiustizia del mondo?
Il conformismo mondano impedisce di aderire a Cristo, come egli stesso dice ai farisei: «Come potreste credere voi, che andate in cerca della gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dal solo Dio?» (Gv 5, 44). Il mondo infatti «è tutto sotto il maligno» (1 Gv 5, 19), e come potrebbe accettare il Vangelo colui che «ha per padre il diavolo» (Gv 8, 44)?
Gesù è esplicito nell'esigere la nostra presa di posizione a suo favore in opposizione al mondo. Ricordiamo: «Chi non è con me, è contro di me. Non potete servire a Dio e a Mammona. Il discepolo non è più del maestro: hanno perseguitato me, perseguiteranno voi». «A chi mi darà testimonianza davanti agli uomini, io pure darò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli; chi mi rinnegherà, io pure lo rinnegherò» (Mt 10, 32). «Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 11 s).
1. Dopo alcune settimane di pace la famiglia di Nazareth è sconvolta dal turbine scatenato da un potente di questo mondo: Erode. E’ costretta a fuggire in Egitto.
E’ un quadro esemplare di fragilità: un Bimbo che non ha ancora fatto le ossa, sballottato da un cammino che non finisce mai; una donna e un uomo sbalzati su una strada che faceva tremare i soldati di Gabinio, console romano, perché esposta alle insidie del deserto e agli assalti dei briganti. Sullo sfondo l'incognita di un soggiorno in Egitto: come esprimersi in lingua straniera? Come guadagnarsi il pane per mantenere la famiglia?
E Dio non risparmia al suo Figlio, a Maria e Giuseppe queste angosce: sembra proprio che Dio ceda il campo al prepotere di un uomo.
Questa piccola carovana di fragilità, tuttavia, è tenuta insieme e condotta da un filo d'acciaio: l'obbedienza al comando di Dio: «Prendi con te il bambino e la madre sua, e fuggi in Egitto». E’ il filo che farà emergere, dal groviglio delle sofferenze umane, il disegno santificante di Dio.
2. Così è della nostra vita: lanciata verso l'ignoto, spesso sull'orlo di abissi pericolosi. E noi la percorriamo con tutto il peso della nostra fragilità. Sappiamo che «Dio ci conosce e ci chiama per nome», e questo ci basta. Sappiamo che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». La nostra crescita in Dio avviene proprio attraverso il groviglio delle vicende umane, il crogiolo che vaglia la nostra fedeltà: «Al vittorioso darò da gustare dell'albero della vita nel Paradiso di Dio. Al vittorioso darò un nome nuovo».
3. Consacrarsi a María vuol dire affidarsi a lei per questo cammino carico di incognite: affidarsi con la stessa fiducia, con lo stesso abbandono di Gesù tra le sue braccia. La nostra sicurezza sarà la stessa Madre di Dio!
Come in Maria questo camminare nella fede opera in noi anche un consolidamento esistenziale, che ci avvolge verso passi più impegnativi, fino al salto finale nel Mistero visto faccia a faccia.
In questo cammino assume importanza la virtù dell'obbedienza. Essa è dovuta a chi ci rappresenta Dio e ci esprime la sua volontà: genitori (e quanti figli cadono in condizioni disastrose per la loro ribellione!), superiori, e sopratutto la Chiesa , maestra infallibile di verità.
Dio non ci ha affidati all'interpretazione individualistica della Scrittura: essa ha generato un nugolo di sette una contro l'altra. Ci ha affidati a un Magistero garante della Verità, fondato sulla continuità apostolica e incentrato in Pietro. Qualora la verità venisse meno, nel magistero del Papa, le porte dell'inferno prevarrebbero ed esploderebbe la confusione religiosa e morale; ma Gesù ha assicurato: «Le porte dell'inferno non prevarranno».
Gesù disse agli Apostoli: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15 s). Poteva Gesù esigere questa fede sotto pena di perdizione, se non avesse garantito l'infallibilità apostolica sino alla fine dei tempi?
Se vogliamo una garanzia di verità, guardiamo al Magistero di Pietro, obbediamo al Papa!
1. Vi sono momenti in cui il disegno di Dio diventa indecifrabile. È capitato a Maria e a Giuseppe il giorno in cui Gesù si sottrasse senza avvertirli alla loro tutela. «Gesù rimase a Gerusalemme, e i suoi genitori non se ne accorsero. Pensando che fosse nella carovana, fecero un giorno di cammino e lo andavano cercando tra i parenti e conoscenti... Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto tra i dottori ad ascoltarli e interrogarli... E vedendolo si stupirono, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io (delicatezza di Maria nel preporre il dolore di Giuseppe al suo stesso dolore!), ti cercavamo angosciati!"».
Perché questo spreco di sofferenza? Non bastava un avviso, un semplice cenno che risparmiasse tanta angoscia?
Dio è un educatore esigente, e non risparmia il dolore. Esso è un fattore determinante di crescita spirituale. «Quelli che non soffrono nulla non divengono nulla. Se qualcosa ti si oppone e ti strazia, ti fa crescere» (St. Exupery).
2. Man mano che il Bimbo si fa capire da Maria, lascia pure intendere di superare la comprensione di lei: «Maria non comprese». Capire Dio è afferrare un lembo sempre più esteso del suo velo, un comprendere sempre più a fondo la distanza che ci separa da lui: «Come il cielo supera la terra, così i miei pensieri sono sopra i vostri».
3. Il Vivente sorveglia il nostro cammino come quello degli ebrei nel deserto: sotto forma di nube lucente nella notte o di nube ombrosa al dardeggiar del sole. Anche in me col progredire nella fede si verifica una comprensione più profonda del mistero di Dio e, insieme, un ampliamento delle zone d'ombra che gli fanno corona: è un procedere nella luce e un progredire nella tenebra sacra, un capire e un capire di non capire, un rendersi conto che Dio è per natura il «Trascendente», l'«Imprevedibile», di fronte al quale l'unico atteggiamento sostenibile è quello di affidarsi: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola».
Non mancano, nella vita, situazioni dense di mistero, soprattutto quando il dolore batte alla nostra porta. «Perché questo - esclamiamo sgomenti -, perché? ... ».
Non sempre la ragione avrà una risposta, soprattutto quando vediamo che i cattivi prosperano (almeno in apparenza) mentre i buoni sono spesso assai tribolati. Ma la fede ha una risposta chiara: coloro che Dio ama li ha «predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8, 28 s).
E Gesù è stato crocifisso! E la Ma dre sua ha avuto il cuore trafitto da una spada. E chi era innocente come loro?
15 maggio - Maria conservava in cuor suo... Gesù cresceva
1. «La Madre sua conservava tutte queste cose in cuor suo. Gesù intanto cresceva in sapienza, statura e grazia presso Dio e gli uomini».
Maria conservava ogni frammento di verità che le veniva dalle labbra di Gesù e dagli avvenimenti della sua infanzia; ma ora che Gesù entrava nell'adolescenza, Maria ne seguiva da vicino la crescita, il progressivo rivelarsi. Gesù dedicò trent'anni alla formazione di Maria: le diede modo di «conservare» lui stesso, Parola di Vita, di seguirlo tanto vicino da farne sua crescente pienezza.
Gesù, Verbo di Vita, si offre a Maria nel suo «crescere». Maria lo riceve non come il servo pigro ricevette la moneta per nasconderla nel campo, ma come seme vivo che avrebbe provocato anche la sua crescita.
2. Questo conservare la parola di Dio da parte di Maria viene espresso nel Vangelo con verbi diversi.
Maria «custodiva» la parola di Gesù: la conservava incontaminata, la teneva in sé al riparo da ogni dissipazione.
Tutte le parole di Gesù e i fatti che lo riguardavano, Maria li «metteva insieme» nel suo cuore, in modo che si illuminassero a vicenda fino a formare un'unità di comprensione profonda. «In Maria uno dei frutti è consistito nel fatto che i suoi ricordi sono stati comunicati ad altri, riferiti sostanzialmente nei racconti evangelici, e continuano a diffondere la conoscenza del disegno di salvezza. Ma prima di questa comunicazione, essi sono stati oggetto di uno sforzo durevole di meditazione e di penetrazione, che le aveva permesso di assimilarne maggiormente il contenuto e il significato. Così si giustifica la conservazione. L'evento misterioso viene conservato perché ci si rende conto dell'impossibilità di sondarne immediatamente la profondità. Ci vuole tempo per raccoglierne la portata, e bisogna conservarlo così come si è prodotto, perché se ne perda il meno possibile di realtà» (T. Galot).
3. La consacrazione a Maria porta a non sprecare parole, a custodire il cuore e a crescere in profondità.
Porta verso l'attitudine contemplativa, che è fonte di grandi beni spirituali: essa amplifica la capacità di percepire la presenza di Dio e le sue soavi ispirazioni; agevola la purezza del cuore, secondo il detto di Dio ad Abramo: «Io sono il Dio onnipotente: cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 17, l ); dona la pace interiore e consente anche un miglior rendimento negli impegni pratici della vita.
Gesù stesso ci invita alla solitudine contemplativa con il suo esempio: «Salì sul monte a pregare e passò la notte in preghiera a Dio... Disse ai suoi discepoli: Venite con me in disparte a pregare...»; e con il suo insegnamento: «Quando preghi, entra nel segreto della tua camera...».
«Non è l'abbondanza del sapere, che sazia il cuore e lo soddisfa, ma il sentire e gustare le cose internamente», insegna S. Ignazio di Loyola. L'attitudine contemplativa è quindi anche fonte di consolazione spirituale.
Parlando con gli uomini rischiamo spesso di perdere qualcosa; parlando con Dio ne usciamo sempre arricchiti e nobilitati.
1. «Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino. E Gesù rispose: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. La madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà. Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le giare. Essi le riempirono fino all'orlo, e Gesù disse loro: Ora attingetene e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: Tutti servono da principio il vino buono, e quando sono brilli quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».
La risposta di Gesù alla madre indica chiaramente che l'ora di fare miracoli non era ancora venuta, e che se Gesù lo fece, fu per compiacere la madre. Quindi il fatto mette in evidenza il potere di Maria sul cuore del Figlio.
2. Maria è tutta attenzione per gli altri: partecipa alla gioia degli sposi, e dolcemente toglie quella famiglia dall'imbarazzzo che ne avrebbe danneggiato la reputazione: se il vino fosse mancato, la gente ne avrebbe avuto a ridire.
Anche per noi Maria è tutta intelligenza d'amore. La vita dei santi è ricca di questi interventi delicati di Maria, che giunge in tempo a consolare, a risolvere gravi difficoltà, ad accrescere la gioia.
Forse noi pure abbiamo già sperimentato questa presenza benefica di Maria nella nostra vita.
Sulla nostra Madre possiamo contare con fiducia illimitata.
3. Chiediamo a Maria la finezza, cioè l'intelligenza, nell'amore.
Gli uomini amano, ma con amori folli, che trascinano alla rovina. Anche l'amore paterno o materno è spesso maldestro, e crea reazioni di urto; oppure è debole, e provoca la rovina di figli ai quali non si chiedono sacrifici atti al loro corroboramento morale: vittime di un amore non illuminato, essi crescono sprovveduti di fronte alle prove della vita, e soccombono alle minime difficoltà.
L'amore illuminato è rispettoso, non forza mai in modo indiscreto le porte del cuore; è preveniente, sa trovare le vie giuste del bene altrui.
Dio ci ama con intelligenza, perché è l'intelligenza infinita. Egli sa attendere con pazienza i nostri tempi, sa trovare le vie giuste attraverso il labirinto della nostra estrosità, si mette al passo della nostra estrema lentezza a capire. Ci ama fino al paradosso di non donarsi a noi se non nella misura che gli permettiamo di entrare nella nostra casa. Egli agisce come il sole, che nel calice del bucaneve non infonde più luce di quanto esso possa portare, ma al tempo stesso lo riscalda perché dilati interamente la corolla per accogliere la luce piena.
1. Quando venne per Gesù il tempo di dedicarsi al lavoro apostolico, Maria lo seguì col cuore, tenendosi a discreta distanza per un riserbo rispettoso del piano di Dio. La sua missione accanto al Figlio, per reciproca intesa, si svolgeva nel nascondimento, su un piano di compartecipazione spirituale.
Ma era inevitabile che qualcuno sorgesse a turbare questo riserbo. Fu probabilmente per indiscrezione dei parenti di Gesù che un giorno qualcuno gli disse: «C'è qui tua madre e i tuoi fratelli che ti vogliono vedere». Il nome della madre avrebbe attirato l'attenzione di Gesù - e delle folle - sui fratelli...
Gesù rispose con parole apparentemente distaccate: «Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Ecco, chi fa la volontà di Dio mi è fratello, sorella e madre». Con queste battute, in cui è capovolto l'ordine delle persone, Gesù, al tempo stesso, difende il riserbo della Madre e la beatifica: nessuno come lei ha compiuto con tanto slancio la volontà di Dio!
Altrettanto avvenne quando una donna, presa dall'entusiasmo, gridò tra la folla: «Beato il grembo che ti ha portato!) (Lc 17, 27). Gesù le rispose: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
2. Maria non solo custodiva la Pa rola di Dio, ma la «metteva in pratica» più d'ogni altra creatura. Questa Parola in lei non rimaneva sospesa a livello puramente mentale, ma invadeva la sfera affettiva e si trasformava in azione, raggiungeva la punta delle dita. La Parola di Gesù, anzi lo stesso Verbo di Vita veniva interiorizzato vitalmente, perfezionando la configurazione di Maria con Gesù.
«Non coloro che dicono - Signore, Signore! - entreranno nel regno dei cieli, ma coloro che fanno la volontà del Padre mio», ammonisce Gesù, per metterci in guardia dal rischio di girare a vuoto intorno alla stessa Parola di Dio senza che essa diventi in noi «spirito e vita».
3. Il vero amore di Dio immerge nella mistica della fatica, propria delle opere, per le quali «il regno di Dio patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12). Le grandi intuizioni dell'amore che lampeggiano in certi momenti di grazia sono sterili finché rimangono allo stadio di astrazione o di velleità. Hanno bisogno di immergersi nell'oscurità del servizio umile, quotidiano, anonimo, per portare frutto «nella pazienza». Gli eletti del Regno non si fanno sui molli divani dei salotti, ma emergono dalla «grande tribolazione», come il Battista, che non è una canna agitata dal vento, ma l'«amico dello sposo» di provata fedeltà.
Quando ci giudicherà nell'amore, Gesù esaminerà i fatti concreti: «Ebbi fame e mi deste da mangiare, fui forestiero e mi ricoveraste, infermo e veniste a visitarmi...» (Mt 25, 35 s).
I Santi, alla scuola di Gesù e di Maria, avevano l'ardimento dell'azione, anche se grandi mistici: pensiamo a Teresa d'Avila, che si spostava da un luogo all'altro per costruire conventi, alle fatiche missionarie di Francesco Saverio, all'umiltà di S. Pietro Claver, che si fece schiavo degli schiavi. Pensiamo alla fatica di Gesù, per comprendere il suo detto: «Mio cibo è fare la volontà del Padre mio».
l. Mentre gli Apostoli si erano dispersi per la paura, Maria, che nei momenti di trionfo del Figlio si era tenuta nell'ombra, ora si era fatta avanti per affrontare coraggiosamente l'onta di madre del condannato, immersa nell'abisso delle umiliazioni, dei dolori, delle lacerazioni di lui.
Come avrebbe desiderato soffrire al posto di Gesù, sostituirlo sulla croce! Ma poiché Dio voleva diversamente, Maria univa la propria sofferenza a quella di lui per la redenzione di noi tutti. I sentimenti del suo cuore immacolato erano gli stessi del Figlio: sentimenti di offerta a Dio fino alla completa consumazione, sentimenti di implorazione per i crocifissoci, e i peccatori. Col Figlio che spirava in croce, Maria conservava la forza inaudita della mitezza, e ripeteva in cuor suo: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
In tutto simile al Figlio, Maria si mantiene al di sopra di ogni istinto di violenza: il suo spirito è irremovibilmente radicato nell'amore e nella verità, e nessun uragano di passioni esteriori riesce a smuoverlo e ad agitarlo. Veramente regina della pace è la nostra Madre, anche quando colpiscono il cuore del suo cuore, cioè il Figlio di Dio e Figlio suo. Ma quale tortura subisce il suo spirito, la sua sensibilità, la sua nobiltà di fronte a quella condensazione di cattiveria e di volgarità che ondeggia ai piedi del Crocifisso! Chi può capire il mistero di Maria addolorata?
La meditazione su Maria ai piedi della croce va fatta immergendosi a lungo, con le ginocchia piegate, nella contemplazione del corpo martoriato di Cristo, del suo volto fatto bersaglio della perfidia umana, del suo costato aperto, e del cuore colmo di amarezza per le lesioni al suo onore, agli affetti più delicati, alla sua sensibilità. Tutto si ripercuoteva nel cuore della Madre tramite quei misteriosi canali di comunicazione che la mistica ci descrive.
2. Consacrarsi a Maria significa cogliere, al di là dei singoli insegnamenti che ci vengono dalla sua vita, 1'inesaurabile insegnamento della sua partecipazione alla croce di Gesù.
Per tale impresa ci è necessaria la virtù della mitezza. Essa non è debolezza, come potrebbe apparire, ma forza d'animo a tutta prova. E si fonda sulla sicurezza che il bene è destinato a vincere, ad onta di tutto.
Di fronte a chi lo giudica, Gesù spiega e chiarisce, ma senza irritarsi; quando vede che la parola non serve, tace. A chi gli dà lo schiaffo, Egli chiede una spiegazione, poi sopporta. Sopporta le ingiustizie dei tragitti da Pilato a Erode, sopporta la terribile flagellazione, la coronazione di spine, i chiodi nelle mani e nei piedi. Eppure, di fronte all'agitazione e alle ingiurie dei suoi crocifissoci, Gesù passa come il gran Re, il Giudice che scruta i cuori. La sua nobiltà non viene per nulla scalfita. Gesù non esige mai dai suoi servi la perdita della dignità interiore, ma la mitezza, che è espressione altissima di dignità.
Dice S. Tommaso d'Aquino: «La dolcezza è la virtù nella quale è riposta la nobiltà dell'animo. I servi di Dio, anche se provocati, si mantengono sempre nella pace, mostrando in questo una nobiltà perfetta».
1. Nel momento di lasciare il mondo, Gesù affida a Giovanni e alla Chiesa il dono più grande che gli rimaneva sulla terra: la sua Mamma. Giovanni la prese con sé, e da quel momento la sua vita si arricchiva di nuovo significato. Maria gli è presente come Madre affettuosa e come guida spirituale che lo avvia a una comprensione piena del mistero di Cristo. Gli è vicina come interprete qualificata della fede, ed è ragionevole pensare che le intuizioni così profonde del discepolo prediletto sul mistero di Cristo siano maturate nella familiarità con la Madre di Gesù.
2. Maria è data come Madre a ciascuno di noi. Che cos'è una madre? È la personificazione più elevata dell'amore umano. La madre ha una innata propensione a trasfigurare il figlio, a vederlo nella luce più ideale, e questa stima costituisce la piattaforma più incoraggiante per lo sviluppo di un uomo. Una madre non giudica, ma intuisce, e questo intuito che va al di là di ogni manchevolezza stimola nel figlio le energie migliori. Nessuna ingratitudine del figlio riesce ad estinguere la sua dedizione, e questa sicurezza di poter contare nella fiducia della madre costituisce la più solida piattaforma per il ricupero morale di un uomo degenerato. La genialità di una madre è un amore senza confini. «Il figlio è la sua legge, in esso si perde e si conclude» (Le Fort).
Se è vero che «il bimbo, nascendo, non le lacera solo il grembo ma anche il cuore e lo dilata aprendolo verso tutto ciò che è debole e piccolo» (Le Fort), il giorno in cui Maria è diventata Madre della Chiesa il suo cuore si è dilatato per grazia divina a tutte le debolezze e miserie del mondo, e Maria è diventata l'espressione più convincente della misericordia divina.
3. La mediazione materna e dolcissima di Maria, si esplica soprattutto nel «formare il Cristo in noi», nel conformarci profondamente a Gesù Verità e Amore.
È un cammino da Lei percorso fino all'estremo limite di somiglianza con il Figlio, di compartecipazione al mistero di Lui, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo, il più squisito e il più umano di tutti gli uomini. Tutta la sua esperienza spirituale è stata una preparazione ad essere per noi Maestra di vita foggiata secondo il Cuore di Cristo.
La mediazione materna di Maria si concretezza nell'intercessione, mediante la quale essa ci ottiene le grazie di cui abbiamo bisogno per crescere secondo lo Spirito di Gesù; nell'esempio che ci offre con il suo comportamento pienamente conforme al Cuore di Cristo; negli stimoli spirituali con cui dolcemente ma anche con vigore ci richiama all'esercizio delle virtù cristiane, come l'umiltà e la mitezza («Imparate da me che sono mite ed umile di cuore»), la pazienza e l'ardimento, il dominio di sé e la signorilità del cuore, la fede e la speranza, e soprattutto l'amore, che è sintesi e perfezione di tutte le virtù.
Come pensare, infine, che la Madre non intervenga a salvare dai pericoli le persone a Lei consacrate con particolare affetto e ad assisterle nell'ora suprema per portarle con sé in paradiso?
La primitiva comunità cristiana sentiva in Maria la Madre capace di illuminare le sue scelte, di confermare la sua fede, di addolcire la sua vita. Possiamo pensare come alla porta di Maria si avvicendassero gli Apostoli e i primi credenti per confidarle le loro perplessità, per averne conforto e incoraggiamento. Non poteva sfuggire ai primi seguaci del Figlio di Dio fatto uomo la santità della sua Madre.
2. La funzione di Maria non si è esaurita con la sua assunzione al cielo, ma di lassù continua con progressiva espansione sino alla fine dei tempi. Per misurare adeguatamente questa presenza materna di Maria nella Chiesa bisognerebbe esaminare la sua incidenza nella vita dei santi antichi e moderni, ricordare i suoi interventi in momenti di particolare gravità per il popolo cristiano, ripensare alle grazie e ai miracoli che Maria dispensa ancora oggi a Lourdes, a Fatima e nei numerosi santuari che costellano la terra. Le vocazioni sacerdotali e consacrate spuntano e si conservano sotto l'insegna della sua predilezione.
3. Maria è consapevole che il mistero della Redenzione, che si compie con il dono dello Spirito Santo, è opera della grazia celeste. Sa per esperienza, e per l'insegnamento insistente di Gesù, che la grazia si deve chiedere con preghiera assidua. Gesù ha detto chiaramente: «Senza di me non potete far nulla. Vegliate e pregate per non cadere nella tentazione. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto. Tutto quello che domanderete nella preghiera voi l'otterrete... ». Gli apostoli sono caduti perché non hanno preso sul serio l'insegnamento del Signore; la Madre allora li raccoglie e insegna loro a pregare, come faceva Gesù.
Il Maestro aveva anche parlato dell'efficacia di una preghiera fatta insieme, e aveva assicurato: «In verità vi dico che se due di voi si accorderanno sulla terra per qualunque cosa da chiedere, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perché dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 19). Per ricevere lo Spirito Santo bisognava che gli Apostoli si disponessero con la preghiera.
Tra gli Apostoli che invocano l'effusione dello Spirito promesso, Maria è presente come Mediatrice, come «Onnipotenza supplice». E sarà così sino alla fine dei tempi nella Chiesa.
Chiediamo a Maria: «Insegnaci a pregare sempre senza stancarci mai».
4. Maria porta i suoi figli all'unione con la Chiesa e all'obbedienza al Magistero incentrato nel Vicario di Cristo. Essa non ammette sterili contestazioni, ma invita i suoi figli prediletti a impegnarsi costruttivamente in ogni opera buona per la crescita del Corpo Mistico di Gesù.
1. «Per autorità del Signore nostro Gesù Cristo, dei beati Apostoli Pietro e Paolo e nostra, annunziamo, dichiariamo e definiamo verità rivelata da Dio che l'Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, compiuto il corso della vita terrena, fu assunta in anima e corpo nella gloria celeste»: con questa dichiarazione dogmatica Pio XII, nel 1950, definiva espressamente l'Assunzione di Maria, e implicitamente confermava l'infallibilità del Vicario di Cristo quando intende definire solennemente una verità di fede.
La fede nell'Assunzione di Maria è affermata dalla Tradizione (che con la Scrittura è fonte di Rivelazione), e costituisce anche una deduzione di fede fondata sulla visione d'insieme del mistero di Maria.
Maria assunta con Gesù risorto nella gloria conferma la nostra speranza: la nostra sorte finale non è la morte - come afferma un cieco materialismo incapace di cogliere le impronte dello Spirito nel mondo e di fornire delle ragioni di vita - ma una vita luminosa in una condizione «ove non ci sarà più né morte né cordoglio, né gemito né pena», perché pienamente illuminata dalla visione di Dio, in un mondo completamente rigenerato.
A questa speranza sarà partecipe anche il nostro corpo mortale, se quale tempio di Dio sarà da noi custodito nella santità (le scienze moderne mettono maggiormente in luce le possibilità di riconversione della materia).
2. Consacrarsi a Maria significa erompere da una gretta visuale naturalistica e, con la speranza, protendersi verso una vita nuova completamente illuminata dalla presenza purissima dello Spirito di Dio, che ai suoi fedeli offre fin d'ora le primizie simboliche della felicità senza fine, nelle esperienze gioiose della fede cristiana, e particolarmente dell'amore.
Pur assaporando la gioia dei doni presenti di Dio, chi è consacrato a Maria esercita la virtù teologale della speranza, che costituisce l'anima stessa della fede: «la fede si sostanzia di cose sperate» (Eb 11, 1).
La speranza cristiana è inscindibile dalla fede. I primi cristiani avevano il senso dell'attesa del ritorno del Signore, e invocavano Maranathà!, cioè «Vieni, Signore Gesù!».
L'assenza di questa tensione verso i beni celesti comporta un'almeno implicita svalutazione di quanto Gesù ci ha meritato con la sua passione e morte, e fa dimenticare che «le sofferenze di questo tempo non sono proporzionate alla gloria futura che si rivelerà in noi» (Rm 8, 18). L'apostolo Paolo desiderava «sciogliersi dal corpo per essere con Cristo» (Fp 1, 23), poiché aveva sperimentato che «occhio mai vide, né orecchio mai udì, né il cuore dell'uomo ha potuto immaginare quanto Dio ha preparato a coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9). E i mistici manifestano la stessa tensione.
3. Il pensiero della morte ci ammonisce sull'ultimo destino dell'uomo: il giudizio di Dio, il purgatorio, il paradiso, ma anche - Dio non voglia! - l'inferno. Non possiamo trascurare questa verità se Gesù ce ne mette in guardia con tanta insistenza!
Docili all'insegnamento della Chiesa ripetiamo ogni giorno: «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori... nell'ora della nostra morte».
III. Maria e lo Spirito Santo
1. Quando Maria chiede all'angelo Gabriele come avverrà la nascita del Redentore, egli le risponde: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo stenderà su di te la sua ombra» (Lc 1, 34). Il Figlio di Dio nascerà dal suo grembo non per fecondazione umana, ma «per opera dello Spirito Santo», come diciamo nel Credo.
La fecondazione avviene nel clima dell'amore, e Maria sarà resa madre dallo stesso Spirito di Amore che è col Padre e il Figlio un unico Dio.
Questo stesso Spirito, scendendo in Maria, dà inizio a quella speciale presenza dello Spirito Santo nel Corpo Mistico che si incentra in Gesù. Nel grembo di Maria si attua l'incarnazione del Verbo e ha origine l'unità dei credenti in Cristo. Lo Spirito di Amore che anima la vita trinitaria, animerà pure l'unità dei credenti. Già nel momento dell'Incarnazione Gesù entrando nel mondo prega il Padre: «Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te» (Gv 17, 2). Tutti siamo una cosa sola perché «abbeverati di uno stesso Spirito», insegna Paolo (1 Cor 12, 13).
2. Oltre che centro di irradiazione del Verbo, Maria diventa perciò centro di effusione dello Spirito Santo, che è il «dono» portato da Cristo all'umanità. Questo dono è già annunciato nell'Antica Alleanza (Ez 11, 19, ecc.) e anche già effuso sui patriarchi, sui profeti e sugli uomini di Dio per avviare il piano salvifico; ma con l'Incarnazione del Verbo il dono dello Spirito comincia a entrare nella fase pentecostale. Il dono di Dio all'umanità è graduale: «di luce in luce», dice Paolo.
3. Tenendo presente l'ambivalenza della mediazione di Maria, rivolta al Verbo fatto Carne in lei, e al Corpo Mistico, si comprende quale dovette essere l'effusione dello Spirito Santo in Maria al momento dell'Incarnazione. Offrendosi a lei come Sposo, la ricolma di tutti quei carismi che sono necessari allo svolgimento della sua missione: i «carismi migliori» (1 Cor 12, 31 s) della fede, speranza e carità; i «sette doni» (sacrum septenarium), cioè la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timor di Dio; i «frutti» dello Spirito (gioia, pace, affabilità, bontà, fedeltà, dolcezza, ecc.: Gal 5, 22); le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza); le altre virtù morali (umiltà, pazienza, ecc.); soprattutto il primo frutto che ammanta la presenza dello Spirito Santo nei cuori, cioè la grazia santificante, la vita divina che ci fa «compartecipi della natura divina», e per cui Maria è la «piena di grazia».
4. Lo Spirito Santo è l'autore della nostra santificazione: solo lo Spirito di Gesù può portare a compimento la nostra conformità con lui. Questa opera è assai agevolata dall'intercessione di Maria, Sposa dello Spirito Santo, che dopo la risurrezione di Gesù dispose gli Apostoli a riceverlo nel giorno della Pentecoste.
1. Il dono della Sapienza ha un implicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splendore del Padre» (Eh 1, 3).
Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In forza della congenialità con Gesù la sapienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a conformarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in senso analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.
Sul piano conoscitivo questa congenialità porta a «gustare come è buono il Signore» (Sal 33, 9), a discernere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in immagine della sua morte» (Fp 3, 11 s),
2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sapienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Gesù nel suo modo di sentire e di operare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).
Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sapienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Elisabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Crocifisso.
Questa singolare sapienza si manifesta in lei dopo la Pentecoste , rendendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto comportamento nella vita e nell'apostolato.
3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso dell'anticristo. Paolo mette in risalto 1'irriducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Manderò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli intelligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tutta la sua sapienza, conosciuto Dio nelle opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).
Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con penetrazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illuminata dallo Spirito Santo.
1. Da «intus légere» (leggere dentro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle verità naturali, cogliendone (légere) i significati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.
Gesù rimprovera agli Apostoli: «Anche voi siete senza intelletto?», quando non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità delle sue parole senza penetrarne il significato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamente Gesù condanna l'intelligenza farisaica che rimane superficiale ed esibizionistica. L'asino e il bue hanno riconosciuto il loro padrone, ma il popolo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sapienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.
È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il discernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cattiveria di fondo.
La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a coloro che hanno il cuore puro: essi vedranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impronta nelle creature.
L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale della persona: satanismo, medianità, dissolutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.
Vizi contrari all'intelletto sono l'ottusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.
2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beatitudine dei puri di cuore. Essa è l'Immacolata e la Vergine , è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.
Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».
Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o donna?») essa intravvede la condiscendenza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.
L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia anticipare una confidenza che avrà bisogno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giuseppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».
Per quanto acuta, l'intelligenza umana ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre conservava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditandole in cuor suo» (Lc 2, 19).
3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.
Maria conduce a Gesù
«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).
25 maggio - Arca della scienza celeste
Se l'intelletto penetra e analizza, la scienza unisce in visione sintetica rapportando ogni cosa ai princìpi metafisici e soprannaturali dell'essere. Per questo riferimento si distingue dalla scienza profana, che rimane chiusa nell'ambito naturale, in atteggiamento agnostico riguardo al soprannaturale, ignorando che «per Lui create - cioè tramite il Verbo eterno di Dio -, a Lui sono rivolte tutte le cose, e tutte in Lui hanno consistenza», in quanto «Egli è l'immagine dell'invisibile Dio generato prima di ogni creatura» (Col 1, 15 s). È al riflesso di questo riferimento essenziale che ogni cosa acquista il suo pieno significato, e il suo giusto collocamento nella visione d'insieme del mondo.
Il riferimento ai principi soprannaturali impedisce alla scienza di rimanere acefala, o di degenerare nei vari ismi erronei (positivismo, idealismo, materialismo, agnosticismo, strutturalismo, relativismo, ecc.), privando le singole nozioni del loro naturale radicamento.
Se, la scienza secolarizzzata gonfia l'uomo, la scienza dono dello Spirito ne accresce l'umiltà: l'intelligenza divina diffusa nel creato appare talmente vasta e impenetrabile, da suscitare nell'uomo dedito alla ricerca della Verità un senso di stupita ammirazione contemplativa e una coscienza esatta dei propri limiti.
Così la scienza fornisce la materia all'intelletto per una più profonda penetrazione e per più vaste sintesi, alimenta la sapienza e anche il dono del consiglio, con una progressiva dilatazione delle varie interdipendenze conoscitive e affettive radicate nella grazia.
Contrari alla scienza sono l'ignoranza, la confusione, l'errore ecc. insiti soprattutto nelle ideologie riduttrici pullulate dall'illuminismo agnostico.
2. Quale scienza ebbe Maria?
La tradizione dice che Maria fu presentata fin dall'infanzia al tempio per apprendervi le nozioni fondamentali della cultura ebraica, una cultura ricca che si alimentava alle Scritture, e già fruiva di apporti greci, egiziani, orientali. Se così avvenne realmente, l'intelligenza così penetrante di Maria si arricchiva di una conoscenza superiore a quella delle coetanee di Nazareth e di Gerusalemme.
È comunque ragionevole pensare che Maria, in famiglia, meditasse le Scritture, e vivesse delle grandi rivelazioni di Dio al suo popolo eletto. La storia della salvezza, i prodigi operati dal Signore e i detti sapienziali costituivano un corredo culturale elevato per una giovane ebrea abituata a riflettere e a «meditare in cuor suo» come Maria.
Si trattava di una scienza impregnata di religiosità, perché gli avvenimenti e le espressioni culturali d'Israele avevano un incessante riferimento a Jahvè e al suo Inviato. Non era una scienza secolarizzata e acefala come quella che grava sulla nostra cultura, un nozionismo privo di riferimenti religiosi. Era una scienza religiosa che mirava a elevare l'animo e a trasformare il cuore in misura delle disposizioni personali. Una scienza di vita, insomma, illuminata dalla Rivelazione divina.
L'annuncio angelico della Divina Maternità accentuò certamente, in Maria, l'attenzione su quanto le Scritture preannunciavano del «Servo di Jahvè» che si sarebbe offerto per la redenzione di tutti, dell'atteso «Re d'Israele», il «Messia» promesso da Dio tramite i suoi profeti.
Questa scienza disponeva Maria al compimento della sua missione di Madre del Redentore e di guida della Chiesa nascente.
3. Maria ci ottiene il dono della scienza, soprattutto soprannaturale. I grandi pensatori cristiani, come S. Tommaso d'Aquino, ricorrevano a lei soprattutto per aver luce nelle questioni difficili. Maria dissipa le tenebre dell'intelletto e aiuta a vedere ogni cosa nella luce di Dio.
Essa ci ottenga quel dono della scienza che viene dallo Spirito Santo, una conoscenza unitaria e organica rapportata alla salvezza.
Un culto autentico
«Certe pratiche cultuali, che in un tempo non lontano apparivano atte ad esprimere il sentimento religioso dei singoli e delle comunità cristiane, sembrano oggi insufficienti o inadatte, perché legate a schemi socio-culturali del passato, mentre da più parti si cercano nuove forme espressive dell'immutabile rapporto delle creature con il loro Creatore, dei figli con il loro Padre» (Marialis Cultus 25).
«Alla nostra epoca incombe la gioia di scoprire la presenza di Maria nella storia della salvezza e di rispondervi con atteggiamento di ammirazione, lode e comunione, in continuità con la Parola di Dio (Le 1, 42-45, 48) e con la tradizione ecclesiale.
Compito delle comunità ecclesiali odierne non è di abolire o sottacere il culto verso Maria e neppure di lasciarlo languire in un pigro immobilismo, ma di inserirlo più organicamente nell'unico culto cristiano, di rinnovare le forme soggette all'usura del tempo, di purificarlo da contaminazioni e di dargli nuovo vigore creativo».
Stefano De Flores (27 agosto 1978)
Maria è invocata quale Madre del Buon Consiglio.
1. Il dono del consiglio sta in un saggio discernimento operativo. È una prudenza nelle azioni, nella scelta dei mezzi in ordine ai fini.
Il suo esercizio è agevolato dalla sapienza che porta ad agire per spontanea connaturalità col bene, dall'intelletto che consente di meglio intuire la portata di ogni cosa, dalla scienza che fornisce i dati necessari per la scelta migliore. Suppone la generale purezza del cuore che apre l'anima allo splendore meridiano di Dio. «Cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 12, 2).
Il dono del consiglio è indispensabile in misura delle responsabilità di un uomo: soprattutto a chi governa gli altri, specialmente nello spirito. Si sviluppa in una ponderazione calma dei fini e dei mezzi, dei pro e contro, delle conseguenze di ogni scelta: tutto questo non appare normalmente in un attimo, ma esige la tranquillità che permetta ai vari elementi di affiorare, pazienza col tempo, e soprattutto un supplemento di luce dall'alto che consenta di vedere più in là dell'occhio semplicemente umano.
Vizi contrari sono: la precipitazione che non lascia tempo di riflettere, la temerarietà che non misura adeguatamente i rischi, la trascuratezza che non pondera le conseguenze di un'azione, la lentezza inconcludente, la passione che confonde le idee e inclina il cuore a gesti sconsigliati.
2. Nessuna creatura abbisognava di questo dono dello Spirito Santo quanto Maria, posta nella necessità di scelte che avrebbero avuto ripercussioni enormi nella redenzione dell'umanità; nessuna ne fu arricchita come lei. Ciò appare fin dalle prime righe del Vangelo: si trattava di decidere in merito alla stessa Incarnazione del Verbo. La Madre del Buon Consiglio riflette attentamente sulle parole dell'Angelo, misura la portata della proposta angelica, vede le difficoltà, chiede spiegazioni, e alla fine, rassicurata su ogni aspetto, pronuncia il suo si con parole tanto prudenti: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». Maria riconosce la sua condizione di creatura di fronte a un mistero insondabile, e comprende che solo Dio, che è l'autore della proposta angelica, può condurla a termine. «Si faccia», e non «Farò», essa dice. Sa che «nulla è impossibile a Dio», quindi si affida con estrema riverenza al disegno dell'Altissimo.
Sempre condotta dal dono del consiglio, la «Vergine prudentissima» affronta le situazioni che si dispiegano imprevedibili lungo il suo cammino: si reca da Elisabetta, risolve l'angoscioso problema del fidanzamento con Giuseppe, si reca a Betlemme, offre il suo Bimbo nel Tempio, fugge in Egitto, si mette coraggiosamente ai piedi del Figlio crocifisso, rimane con gli Apostoli a pregare in attesa della discesa dello Spirito Santo.
Si tratta di azioni cariche di risonanza salvifica, in cui occorre armonizzare le sue scelte personali con le situazioni a volte indecifrabili disposte dalla Provvidenza: si pensi allo smarrimento di Gesù nel tempio.
3. Il dono del consiglio crea questa sintesi felice tra disposizioni e corrispondenza, tra la luce che viene dall'alto e la necessaria riflessione umana. Ove Dio si manifesta chiaro, non resta che eseguire con estrema fedeltà; ove Dio non si pronuncia, occorre mettere in atto la propria riflessione orientando con purezza d'intenzione ogni atto al suo fine immediato e ultimo.
Noi la invocheremo nei momenti decisivi, e anche nelle scelte quotidiane: ove fa difetto la chiaroveggenza umana, la luce che viene dall'alto dissiperà tentazioni e pericoli, ispirerà le scelte migliori (dello stato di vita, del coniuge, del tipo di studi, ecc.).
Un culto solido e vivo
«Il Sacrosanto Concilio (...) esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.
I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67).
«Si sa bene che la Santa Vergine è la Regina del Cielo e della terra, ma ella è più madre che regina, e non si dovrebbe far credere, come io ho spesso inteso dire, che a causa delle sue prerogative ella ecclissa la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa sparire le stelle.
Ma, mio Dio, com'è strano questo modo di dire! Una madre che fa sparire la gloria dei suoi figli!
Io penso tutto il contrario: io credo che Ella aumenterà di molto lo splendore degli eletti.
E’ bene parlare delle sue prerogative, ma non bisogna limitarsi ad esse. Bisogna farla amare». S. Teresina del Bambin Gesù (23 agosto 1897)
1. Il dono della fortezza spicca in Maria soprattutto ai piedi della croce. «Stabat mater eius», dice il Vangelo di Giovanni: la Madre di Gesù stava in piedi presso il Figlio crocifisso. Che cosa comportasse quello «stare in piedi» non è facile intuirlo in profondità. La Madre , che nei momenti di esaltazione di Gesù se ne stava a distanza per istinto di discrezione, nel momento del dolore (e quale dolore!) del Figlio si fa largo tra la folla, sfida la rabbia degli avversari e dei soldati e si fa partecipe di tutta l'abiezione di Gesù: non sente gli insulti e le sferzate su di sé, ma su di lui, è tutta incentrata nel suo Amore. E lì rimane fissa e attonita, fuori di sé per il dolore e per l'amore: chi potrà mai misurare lo strazio di una Madre così legata al Figlio, così sensibile, di fronte alla sua creatura tanto nobile e bella, eppure così straziata, di lei Immacolata di fronte al Figlio stesso di Dio? «Una spada ti trafiggerà l'anima», le aveva profetizzato Simeone, ma chi avrebbe preveduto fino a tal punto?
Mite e forte, Maria affronta in pieno la bufera condividendo i sentimenti intimi di Gesù che agonizza, ma senza essere minimamente scalfito nel suo essere Verità e Amore! Accanto a lei c'è Giovanni, ci sono le pie donne, ma lei è sola nel suo spasimo abissale di Madre.
«Chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», dice la Scrittura (1 Cor 6, 17). È il segreto della fortezza di Maria in ogni situazione.
2. La Fortezza , l'ardimento è l'anima segreta del Vangelo: permea la fede, la speranza, l'amore, tutte le virtù. «Il regno dei cieli patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12), alla scuola di Cristo, il Forte trionfatore delle potenze del male. Alla scuola di Maria.
L'uomo è essenzialmente fragile, inconsistente, mutevole per la sua origine dal nulla; ma «chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», che è la «Roccia», il «Forte», il «Fedele», 1'«Irremovibile », 1'«Eterno», «Colui che È». Egli fonda il firmamento e il creato; cieli e terra passeranno, ma la sua Parola rimane in eterno: «Il Signore ha giurato».
Corroborato dalla sua Parola, il profeta resiste con faccia di bronzo ai suoi oppositori (Ez 3, 8), e il disegno di Dio giunge a compimento sfidando i millenni
La fortezza si alimenta soprattutto nell'amore: «L'amore è forte come la morte; tenace quanto l'inferno è l'affezione». Gesù esige l'amore da Pietro prima di lanciarlo verso la sua futura missione: «Mi ami tu più di costoro?».
La fortezza assume il volto di irremovibilità nei propositi, di fronte alle contraddizioni, alle prove di ogni genere. In modo discreto e abituale si manifesta nella libertà di spirito, nella coerenza del carattere a tutta prova di fronte a chicchessia, per cui l'uomo forte non si lascia condizionare dagli umori dell'ambiente e delle persone: «Chi siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? ...».
Si manifesta nella magnanimità delle opere di zelo per il Signore «L'amore di Cristo ci sprona» (2 Cor 5, 14). I santi hanno fatto miracoli di carità in ogni impresa benefica.
Ha la sua espressione più sublime nel patire grandi cose per Cristo, fino al martirio: «Non temete di fronte a chi può uccidere il corpo... Beati voi quando vi ingiurieranno per il mio nome... Ciò che udite nel segreto predicatelo dai tetti... Chi mi testimonierà di fronte agli uomini, anch'io testimonierò per lui... Non preoccupatevi della vostra difesa...». È la beatitudine di Maria, Regina dei Martiri.
Vizi contrari sono: la viltà, la timidezza, il disimpegno; oppure, per eccesso, la durezza, la caparbietà, la violenza, ecc.
Dalla costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» (4 dicembre 1963)
Dalla esortazione apostolica di Paolo VI «Marialis Cultus» (2 febbraio 1974)
«La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad innalzare "gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti".
Si tratta di virtù solide, evangeliche:
la fede e l'accoglienza docile della Parola di Dio «cf Lc 1, 26-38; 1, 45; 11, 27-28; Gv 2, 5);
l'obbedienza generosa (cf Lc 1, 48); la carità sollecita (cf Lc 1, 39-56);
la sapienza riflessiva (cf Lc 1, 29-34; 2, 19, 33, 51);
la pietà verso Dio, alacre nell'adempimento dei doveri religiosi (cf Le 2, 21, 22-40, 41), riconoscente dei doni ricevuti (cf Lc 1, 46-49), offerente nel tempio (cf Lc 2, 22-24), orante nella comunità apostolica (cf At 1, 12-14);
la fortezza nell'esilio (cf Mt 2, 13-23), nel dolore (cf Lc 2, 34-35, 49; Gv 19, 25);
la povertà dignitosa e fidente in Dio (cf Lc 1, 48; 2, 24);
la vigile premura verso il Figlio, dall'umiliazione della culla fino alla ignominia della croce (cf Lc 2, 1-7; Gv 19, 25-27);
la delicatezza previdente (cf Gv 2, 1-11);
la purezza verginale (cf Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38); il forte e casto amore sponsale.
Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi, per riprodurli nella propria vita.
Tale progresso nella virtù apparirà conseguenza e già frutto maturo di quella forza pastorale che scaturisce dal culto reso alla Vergine» (Marialis Cultus 56).
1. Possiamo figurarci Maria che prega.
Il suo contegno si ispira a riverenza affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissimo: tutti nomi che evidenziano la trascendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.
Anche la figura del Messia, che dopo l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...
La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione dello Spirito Santo.
2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affezionato e rispettoso verso i propri genitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il prossimo, specialmente i più cari e vicini.
La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi languido, leggero, insipido; l'amore impedisce alla riverenza di ripiegarsi in timore eccessivo, chiusura, disperazione.
Dice la Sapienza : «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).
Vizi contrari alla pietà sono l'empietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizione, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).
3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esauditi.
A volte non meritiamo affatto certe grazie, perché Dio ce le voleva concedere, ma noi ci siamo ostinati a respingerle con peccati contrari: la Ma dre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.
Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a nostro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).
Altre volte i nostri peccati ci mettono in opposizione con quanto chiediamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con imprudenza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.
Possiamo anche presumere di ottenere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;
quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).
Spesso sbagliamo nel modo di pregare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza sufficiente fiducia: Maria interviene a illuminarci, a correggerci.
Infine la nostra preghiera può essere languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.
Maria e l'Ecumenismo
«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).
«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani.
La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.
E questo per vari motivi.
Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
30 maggio - Madre dell'Amore
L'amore è il «carisma migliore» donatoci dallo Spirito Santo. Esso ci configura con Dio stesso; è la manifestazione della vita divina in noi; è la sintesi di tutti i comandamenti, la linfa segreta di tutte le virtù cristiane.
Amore è Dio stesso, è lo Spirito Santo che fa col Padre e col Figlio una cosa sola, è Gesù incarnato nel grembo di Maria. Se Maria è pienamente configurata con il Figlio, nessuno quanto lei è animato «dagli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), che sono soprattutto sentimenti di amore.
1. Amore verso Dio, innanzi tutto. Chi può penetrare nel Cuore Immacolato della Madre di Dio per misurare in lei il dono della divina carità? Il suo essere, così immacolato e così illuminato, gravita verso Dio, bene infinito, con una forza che è data a lei sola. La sua verginità non è tanto una rinuncia virtuosa quanto piuttosto una esigenza esistenziale: la divina Presenza assume in essa tale portata, da farle respingere per istinto qualsiasi competizione umana: che cos'è l'uomo di fronte a un Dio che in lei si rivela così fascinoso, potente, soavissimo, bontà inesauribile?
Il dono insondabile della Divina Maternità inabíssa nel vortice dell'amore la sua stessa fisicità: «virginitatem non minuit, sed sacravit». Maria ama Dio con tutto il suo immacolato istinto materno, la sua sensibilità forte e affinata. Il Figlio le si rivela in tutta la sua perfezione umana, in tutta la sua amabilità. Si intuisce allora quale martirio dovette sostenere nel vedere crocifisso il suo Amore!
2. Questa potenza di amore in Maria si riversa anche verso il prossimo, soprattutto quando essa è dal suo Figlio eletta quale Madre della Chiesa: «Ecco tua Madre!» (Gv 19, 27). Da allora essa appare come espressione vivente - possiamo dire - della «maternità di Dio»: incarna la Misericor dia, la tenerezza, la Provvidenza salvifica, la Bontà affettuosa di Dio stesso.
L'amore è al tempo stesso uno e trivalente: abbraccia Dio, il prossimo e noi stessi. Paolo e Giovanni parlano della caritas senza differenziarne l'oggetto: non può non amare il prossimo che vede, colui che ama Dio che non vede, e chi ama è passato dalla morte alla vita, cioè ha redento anche se stesso.
Così anche in Maria: l'amore per Dio la porta a chinarsi sul prossimo, nel quale essa vede il riflesso del Figlio suo, una estensione dell'Incarnazione del Verbo, un membro del Corpo Mistico.
3. Nell'amore noi distinguiamo la forza e la finezza.
La forza dell'amore in Maria si rivela soprattutto ai piedi del Figlio crocifisso: il suo amore «è forte come la morte» sia nei confronti di Gesù, che essa contempla con l'animo trafitto da una lacerazione inaudita, sia nei confronti di noi tutti, per i quali essa condivide i sentimenti di Cristo pregando per tutti coloro che «non sanno quello che fanno».
La finezza dell'amore di Maria si rivela nell'intelligenza supercomprensiva con cui provvede alle nostre necessità.
i colori dell'iride nella luce bianca: esso si colora di pazienza, di benignità, di mitezza, di amabilità, di generosità; «non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non opera nulla di sconveniente, non ricerca il proprio tornaconto, non si muove ad ira, non tiene conto dei torti ricevuti, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13, 4 s).
Senza la linfa dell'amore anche le virtù più eroiche diventano vizi: «Se distribuissi ai poveri tutti i miei averi e dessi il mio corpo a farsi bruciare ma non ho la carità, tutto ciò non mi serve a niente» (1 Cor 13, 3): potrebbero essere imprudenza, esibizionismo, tracotanza...
Tutte le virtù di Maria si incentrano nella sintesi teologale della caritas: Maria è la Madre dell'Amore!
Dall'atto di affidamento all'Immacolata Madre di Dio, pronunciato dal S. Padre Giovanni Paolo II (25 marzo 1984)
«O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze.
Tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo.
Accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al Tuo cuore, ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore i popoli che quest'abbraccio più aspettano e insieme i popoli il cui affidamento Tu pure attendi in modo particolare.
Prendi sotto la Tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a Te, o Madre, noi affidiamo.
S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza».
l. Maria è onorata e invocata come Regina: Regina degli Angeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, dei Vergini, di tutti i Santi, della Chiesa. Si tratta del fiore della creazione, che nella gloria del Paradiso riverbera gli splendori della divina Trinità e dell'Umanità di Cristo, il gran Re dell'universo.
Il Paradiso è il luogo della nobiltà, della bellezza, dell'amore: trasverberati alla luce divina, gli spiriti celesti sono confermati nella grazia di Dio, al punto che il peccato anche veniale non ha più presa su di loro. Sono esseri di luce che sprigionano dall'intimo l'amore perfetto. Non ci sono più motivi di screzio o di fragilità nel Paradiso, non ci sono gelosie: la compagnia degli abitatori del Cielo è deliziosissima, sia per la bellezza dei loro volti, sia per la nobiltà finissima dei loro sentimenti. Il Paradiso è il luogo della Verità e dell'Amore, che costituisce l'atmosfera in cui vivono gli spiriti e i corpi glorificati.
Orbene, in questo mondo luminoso Maria è la Regina. È colei che dà il tono, che affascina più di ogni altra creatura, che diffonde nobiltà e amabilità e bellezza al di sopra degli stessi Angeli.
2. Essa è Regina per lo splendore della grazia che si sprigiona dal suo essere Madre di Dio. Dio la riveste della sua luce al di sopra di ogni altra creatura.
- Essa è Regina per il suo cuore regale. Regine si nasce, non si diventa. La nobiltà regale si alimenta di una tradizione di abitudini aristocratiche, affinate dall'esercizio del governo. Ci furono epoche in cui la santità della
Chiesa si esprimeva nella regalità: Luigi IX re di Francia, Edoardo, Enrico, Stefano, Ferdinando, Elisabetta, Elena, Luisa, Clotilde e tanti altri re e regine e principesse risplendono nella Chiesa per la loro dedizione eroica al benessere delle popolazioni loro affidate. Questa finezza regale nei confronti dei sudditi risplende soprattutto in Maria. Essa portava nel sangue le abitudini aristocratiche della stirpe di Davide, di cui era lontana discendente; ma la nobiltà regale le veniva soprattutto dalla sua origine immacolata e dalla dotazione di grazia congiunta con la vocazione di Madre di Dio. La regalità del cuore condensava in sé il cumulo delle attitudini e dei doni del suo essere Madre del Re del Cielo e della Terra.
- Essa è Regina per l'esercizio incessante delle attitudini regali nei confronti dei suoi figli. Come Regina della Chiesa , essa si fa presente nei momenti più travagliosi a dare forza e sicurezza: si pensi ai numerosi interventi di Maria in quest'epoca di profonde rivoluzioni (Lourdes, Fatima, ecc.). E si fa presente ai singoli suoi figli che a lei si rivolgono con fiducia per ottenere ogni genere di grazie.
- La sua Regalità infine si manifesta nella particolare impronta di finezza spirituale, di signorilità del cuore che caratterizza i suoi veri devoti. Insieme con Gesù, Maria è la forza elevante di questa umanità che geme sotto il peso del peccato: il suo passaggio risveglia e rianima gli impulsi spirituali che spingono l'uomo a realizzare l'originaria vocazione di esseri creati a «immagine e somiglianza di Dio».
Che senso ha consacrarsi a Maria nell'ambito della nostra fede? Come rientra questa consacrazione nell'equilibrio dei nostri rapporti con Dio? È un fatto marginale, se non addirittura un ingombro, oppure è un gesto che ci immerge più a fondo nel mistero di Cristo, e quindi rientra in qualche modo nelle esigenze stesse della fede?
La risposta a questi interrogativi è legata alla posizione di Maria nell'ambito della fede.
Maria nella nostra fede
Il fatto fondamentale della nostra fede è l'Incarnazione del Figlio di Dio. Nessuna religione al mondo professa qualcosa di simile, Dio che si fa uomo. E anche per noi l'Incarnazione resterà sempre il mistero più sconvolgente della fede, di fronte al quale la ragione umana troverà necessariamente delle difficoltà nella misura che riesce a intuire la grandezza di Dio. Soltanto il pensiero che «Dio è Amore» (1 Gv 4, 8) può disporci a credere nell'Incarnazione di Dio.
Questo avvenimento centrale della storia non può rimanere un episodio staccato dagli avvenimenti umani: se il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sua venuta tra noi permea da capo a fondo tutto il tessuto della storia, ed è destinata a polarizzare tutto verso di sé, a tutto riempire di sé, a tutto consacrare: «Quanto ha assunto - dicevano gli antichi Padri - ha consacrato». Il Verbo fatto carne si insedia nel reale come punto di partenza e di arrivo e come centro di superanimazione del cosmo, fino ai più remoti frammenti individuali. Nella venuta del Cristo tutto è almeno virtualmente cristificato: ogni uomo è chiamato per divina elezione a «configurarsi con la immagine del Figlio» (Rom 8, 29), a diventare suo corpo, sua pienezza (Ef 1, 22), a impregnarsi del suo Spirito (Fp 2, 5, ecc.), a diventare ambiente sacro dell'Incarnazione (Ef 3, 17).
Orbene, il fatto cosmico dell'Incarnazione, che tende a ripercuotersi in ogni persona umana, ha avuto il primo centro di incidenza in Maria: il Figlio Dio si è fatto uomo nel grembo di lei. L'Incarnazione del Figlio di Dio è mediata dalla maternità di Maria.
Che estensione ha questa mediazione materna di Maria? È soltanto un fatto fisiologico, cioè Maria ha avuto unicamente la funzione di offrire una esistenza umana, un corpo al Figlio di Dio, oppure Maria è coinvolta nel mistero dell'Incarnazione in modo più ampio e profondo?
A differenza di quegli eretici che in tutti i tempi hanno negato la divina maternità o hanno avuto la tendenza a ridurla al puro dato biologico, la Chie sa, nella sua riflessione bimillenaria sulla Rivelazione, ha intuito la mediazione materna di Maria nel modo più esteso e comprensivo. Essa ha visto la Madre di Dio compartecipe nel modo più ampio possibile dei significati e dei fini dell'Incarnazione. Maria insomma è la mediatrice del Cristo in senso pieno: tutto il Cristo, e non solo la sua realtà biologica, ci viene mediato da Maria. Ossia: Maria è la Madre non solo del Cristo storico, ma anche del Cristo mistico, è la Madre di Gesù e della sua Chiesa.
L'Incarnazione del Verbo in Maria comporta la convergenza di tutto il tessuto storico verso il suo centro animatore, che è il Cristo, tramite Maria, fatta, per elezione divina, mediatrice dell'unità cristificata.
I due versanti della mediazione di Maria
In questa mediazione materna possiamo considerare i due versanti: quello che unisce Maria a Dio, e quello che la congiunge con noi.
In rapporto a Dio, Maria è la prima assunta, la prima cristificata: colei che, essendo stata eletta Madre del Cristo, più di ogni altra creatura è stata configurata col Figlio e ricolma dello Spirito di lui. In questa prospettiva trovano la loro logica le grandi affermazioni della Chiesa:
- perché Madre del Cristo in senso pieno, Maria fu concepita Immacolata, cioè senza macchia di peccato d'origine, e tale fu conservata per singolare provvidenza in tutta la sua vita: non conveniva infatti che la Ma dre di Dio fosse contaminata dal nemico di Dio e a lui soggetta anche per un solo istante;
- la divina maternità esigeva come disposizione ottimale la condizione di Vergine, cioè una verginità di cuore e anche di corpo che la conformasse profondamente alla condizione verginale perfettissima del Figlio;
- la divina maternità in senso pieno comportava la compartecipazione attiva di Maria al significato profondo e ai fini dell'Incarnazione, facendo di lei la Corredentrice , sia pure subordinata, insieme con il Figlio, coinvolta in tutta la fatica salvifica di lui per meritarci la grazia e per esserne anche, insieme con il Figlio, la dispensatrice;
- questa globale configurazione con Gesù la rendeva degna di partecipare anche alla gloria del Figlio, cioè di essere Assunta in anima e corpo alla presenza del Figlio glorioso come primizia dell'umanità che ha raggiunto il fine supremo dell'Incarnazione.
Sul versante che la rivolge a noi, Maria, nel concerto delle innumerevoli mediazioni suscitate dallo Spirito di Cristo per elevarci a lui, è la prima assuntrice, la prima cristificatrice. Per divina elezione, Maria svolge questa funzione globale nei confronti del mondo e particolarmente della Chiesa in un modo tipico che, nell'ordine della grazia, compete esclusivamente a lei: essa esercita una mediazione materna.
Questa mediazione ha una direzione discendente: Gesù ci è dato tramite Maria. Ha pure una direzione ascendente: noi siamo dati a Gesù, diventiamo suo Corpo Mistico, siamo generati al Cristo e assunti nel mistero di lui da Maria. Essa, che è Madre di Cristo, è anche Madre nostra: «Ecco tua madre», disse Gesù morente al discepolo prediletto Giovanni; e la Chiesa , edotta dallo Spirito Santo, ha interpretato queste parole come rivolte a sé.
Mediazione subordinata universale
Ma - si obietta - non è scritto: «Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo» (1 Tm 2, 15)?
Rispondiamo: lo Spirito di Dio, che dall'intimo dei cuori porta a compimento l'opera di cristificazione del mondo, agisce indubbiamente sull'uomo mediante molteplici e multiformi mediazioni create. Tutte queste mediazioni sono incentrate nel Cristo: è lui che dà loro efficacia, che le anima e le orienta a sé. Tutte queste mediazioni, quindi, sono subordinate al Cristo, «essendo tutte le cose create in lui e a lui rivolte» (C. 1, 16). Tali mediazioni saranno più o meno importanti in misura della maggiore o minore connessione con Cristo stesso. Mediatori sono quindi i santi, in proporzione della loro partecipazione alla sua pienezza; sono gli uomini che ci vivono accanto, nella misura che ce ne trasmettono lo spirito. Altre innumerevoli mediazioni ci vengono dai sacramenti, che sono segni sensibili della sua grazia, dalle buone letture, dagli abbondanti inviti al bene che ci giungono dalle creature, dalle più grandi alle più umili e povere di messaggio. A differenza di tutte queste mediazioni, che sono subordinate, quella di Cristo è una mediazione autonoma.
Ancora: tra le varie mediazioni suscitate dallo Spirito, alcune hanno una portata universale, interessano l'umanità intera. Così tutta l'opera di salvezza è stata per disposizione divina mediata dal Popolo Eletto, che ci ha portato il Cristo secondo la carne, oppure dalla Chiesa che, quale Corpo Mistico di Cristo, costituisce il «sacramento visibile dell'unità salvifica» (LG 9). Al centro di congiungimento tra l'intera umanità e il Cristo, e più estesamente tra il Popolo di Dio dell'Antico Testamento e la Chiesa , Dio ha collocato la mediazione universale di Maria.
Si tratta certo di una mediazione non autonoma, come invece lo è quella di Cristo, ma subordinata e totalmente ordinata ad essa. La mediazione di Maria nell'ordine della grazia, che inserisce nel mistero dell'Incarnazione, attinge tutta la sua forza da quella di Gesù e irradia la propria efficacia su tutta la Chiesa , in modo tale che la Chiesa stessa riconosce in Maria il proprio «tipo», cioè l'esemplare perfetto della sua stessa azione mediatrice tra Cristo e l'umanità, il modello della propria unione sponsale con Dio, il modello della propria fecondità spirituale, cioè della propria capacità di congiungere gli uomini al Cristo suo Sposo.
A modo di sfera smerigliata che avvolge una lampada accesa, Maria è la prima illuminata dalla luce del Cristo; senza di lui non dà alcuna luce. Ma è anche la prima illuminante: tutta la luce del Cristo si riversa sul mondo tramite Maria. Se la luce del Cristo è troppo forte per i nostri occhi ottenebrati dal peccato, la mediazione di Maria ce l'addolcisce, la modera soavemente, adattandola al nostro fragile modo di vedere.
Efficacia della mediazione di Maria
Di quale natura è la mediazione di Maria? Esaminando le possibili forme di causalità possiamo verificare in Maria una mediazione meritoria, esemplare e finale.
- Maria, come dice la Chiesa , ha certamente meritato grazie di redenzione per l'intera umanità: l'incarnazione del Verbo è avvenuta in seguito al suo assenso, che ne ha deciso l'attuazione; Maria inoltre ha meritato grazie all'umanità intera per la sua partecipazione interiore alla vita di Cristo, e soprattutto alla sua morte sulla croce, come la Chiesa ha sempre pensato.
- Maria esercita inoltre una mediazione esemplare universale, in quanto il suo contegno, le sue virtù, i sentimenti da lei espressi, in una parola la sua persona rifulge a tutta la Chie sa e all'umanità come esemplare inesauribile di perfezione: la più alta manifestazione umana dello Spirito di Cristo espressa in squisitezza femminile.
- Maria infine esercita una mediazione finale: essendo tutto creato in vista di Cristo ed essendo Maria l'essere umano più congiunto con Cristo, l'intera umanità è destinata alla glorificazione del Cristo mediante lei stessa, ed è effettivamente portata al Figlio di Dio tramite l'azione corredentrice di Maria.
Si può quindi concludere con i grandi teologi che hanno intuito il mistero di Maria in tutta la sua portata: Maria è per volontà di Dio Mediatrice della stessa Grazia sostanziale che è Cristo, e quindi di tutte le grazie che emanano da questa fonte divina. Ogni grazia celeste ci è mediata da Maria nel senso che da Maria ce ne viene mediata la fonte. Anche se non necessariamente tutte le grazie ci vengono date unicamente se le chiediamo per mezzo di Maria, cioè anche se non tutte le nostre richieste devono esplicitare il ricorso a Maria per essere esaudite, di fatto tutte ci vengono concesse per sua mediazione almeno indiretta.
Significato della consacrazione a Maria
Se Maria è mediatrice imprescindibile e universale della nostra cristificazione, se cioè nessun uomo può entrare nel mistero del Figlio di Dio fatto uomo prescindendo dalla mediazione materna - almeno indiretta - di Maria, il ricorso alla Madre di Dio diventa un fattore determinante della nostra effettiva cristificazione.
Si può prendere atto di questo stato di cose a livelli diversi: di implicita ammissione, oppure di invocazione occasionale, di ricorso costante, di dedizione piena a Maria come a Madre. La consacrazione a Maria, al suo Cuore Immacolato costituisce la risposta più adeguata alla mediazione materna di Maria.
Il popolo cristiano, che sperimenta continuamente il potere della mediazione materna di Maria, giustamente vuole approfittarne per i suoi fini di santificazione e salvezza, affidandosi a lei.
Questo affidarsi a Maria si è espresso, lungo i secoli, in varie forme di dedizione, più o meno integrali. Il vocabolario è ricco e significativo.
La devozione stessa a Maria indica l'atto di votarsi (de-voveo) a lei, di offrirsi in voto alla Madre di Dio perché essa quasi garantisca la salvezza del credente. Altri invece si offrono a Maria, si donano a lei. Negli ultimi secoli è invalso l'uso di consacrarsi a Maria, cioè di rendersi suo possesso sacro e intangibile. Sempre in una linea di ricerca di modi più profondi e radicali di offrirsi, questa consacrazione, con S. Grignon de Monfort, si è espressa come schiavitù mariana. Al di là di questa terminologia, che urta la sua sensibilità, il cristiano fervente d'oggi non cessa di voler appartenere totalmente a Maria, di darsi a lei come a Madre. Questo desiderio assume sfumature diverse che determinano la scelta dei modi di esprimersi; ma è indubbio che, sotto la diversità del linguaggio, la volontà di darsi a Maria resti immutata nella coscienza della Chiesa.
Ma che cosa vuol dire «consacrarsi a Maria»?
La consacrazione alla Vergine è intesa sostanzialmente in due diversi modi di offrirsi:
- Più comunemente i nostri fedeli si consacrano a Maria con la mentalità di chi invoca una protezione, cioè come persone da proteggere dal peccato, dai mali della vita, fino alla salvezza eterna. Questo modo comune di intendere la consacrazione è certamente molto valido e gradito a Maria, ma rimane a un livello di comprensione materiale. L'assistenza materna di Maria eserciterà senza dubbio un influsso trasformatore sulla persona che a lei si offre, ma tale trasformazione non viene intesa come obiettivo proprio della consacrazione.
- Più a fondo, ci si consacra a Maria per essere posseduti radicalmente da lei, per realizzare una profonda conformità interiore con lei: come persone da trasformare secondo lo spirito di Maria, e quindi di Cristo suo Figlio. Ci si offre a Maria per essere progressivamente sempre più posseduti dallo Spirito, che in lei si è espresso secondo le accentuazioni tipiche della sua femminilità immacolata, verginale e materna.
Lo stesso Spirito, che ha foggiato e ispirato incessantemente la umanità del Cristo - e non un altro Spirito, perché il mistero dell'unità salvifica è animato da uno Spirito solo -, lo stesso Spirito che nel Cristo si esprime in pienezza di umanità e di virilità, ha operato in Maria il capolavoro della mediazione materna, ricco di inesauribili valenze. Ha fatto di Lei la «via» spirituale agevole al Cristo: quella via che facilita il lavoro, che addolcisce le asprezze, che garantisce la riuscita.
Chi si è dato in questo modo a Maria sarà portato a dare concretezza a questa dedizione mediante sentimenti, comportamenti e azioni che lo riportano all'imitazione della sua Madre, a ispirarsi al suo spirito. Si troverà frequentemente di fronte al volto immacolato di Maria, e sentirà il richiamo all'innocenza, alla purificazione del cuore. Incontrerà il suo sguardo verginale, che ispira castità gioiosa. Si sentirà circondato dalle provvidenze materne di Maria, che è piena di dolcezza e di attenzioni delicate per i suoi figli prediletti, e ispirerà il proprio comportamento alle grandi virtù che hanno fatto di Maria la Madre di Dio: fede, forza d'animo, disponibilità alla voce di Dio, prudenza, mitezza, amore sconfinato per Dio e per gli uomini...
Il darsi a Maria nel modo più radicale possibile non oscura la nostra piena dedizione a Gesù, al suo Cuore, al suo Spirito, ma la dispone meglio, la facilita e garantisce.
Il fatto che lo Spirito abbia voluto questo tipo di mediazione legato all'essere di una donna immacolata, vergine e Madre di Cristo, ha un'incidenza incalcolabile sia nella sfera teologica che in quella psicologica.
Se a Dio piace concederci le sue grazie tramite sua Madre, costituendola mediatrice universale di tutti i suoi tesori, è chiaro che ogni tentativo di accedere al gran Re mediante la sua stessa Madre gli è particolarmente gradito, mentre non è priva di presunzione la trascuratezza di tale mediazione. La persona che si dà pienamente a Maria rimane libera di rivolgersi direttamente a Gesù e al Padre, ma questa sua libertà si svolge nel clima della mediazione indiretta e implicita di Maria.
Nella sfera psicologica, inoltre, Dio ci offre la mediazione di sua Madre perché sa quanto la donna vergine e madre risponde alle esigenze più profonde dell'animo umano. Nulla togliendo alla fonte della grazia, anzi illuminandosi di essa, Maria facilita il nostro accesso a Dio infondendo nel nostro cuore assetato di maternità le dolcezze del suo affetto materno e le finezze del suo cuore verginale.
Come consacrarsi a Maria?
Quale formula usare per consacrarsi a Maria?
Esistono nei libri spirituali varie formule e suggerimenti che si possono lodevolmente seguire. Per una comprensione migliore di un gesto che ha valore nella misura che raggiunge veramente il nostro essere individuale, suggeriamo che l'offerta sia formulata in modo personale, meditandone a lungo il contenuto e l'estensione, aggiun-
gendovi quegli impegni concreti che ne ravvivino costantemente l'efficacia, preparandosi all'offerta con particolare intensità.
La consacrazione, infatti, diventerà operante nella misura che sarà attualizzata in modo permanente. Secondo il modo personale di concepire le cose, e di intuire la mediazione materna di Maria, ogni consacrato apporta alla sua offerta le accentuazioni tipiche della propria evoluzione spirituale, quelle che meglio corrispondono alle sue esigenze interiori e alla propria inconfondibile vocazione. Uno potrà incentrare la propria scelta nel «fiat», un altro nel «magnificat», un altro nel «meditare la Parola » o nel «custodirla». Tutte intuizioni ottime nella misura che vengono interiorizzate con la progressività dei processi vitali.
Importa molto che la consacrazione si innesti nella concretezza delle condizioni personali, e che siano garantiti i modi per ravvivarla ogni giorno.
Delineata l'inquadratura di fondo della mediazione materna di Maria e della nostra consacrazione a lei, offriamo, nelle pagine che seguono, alcuni spunti di meditazione atti ad avviare a una migliore comprensione del Cuore immacolato di Maria.
Preghiera a Maria di S. Francesco di Sales
Non dirmi, o Vergine santa, che tu non puoi, perché io so che il tuo Figlio divino ti ha dato ogni potere sia in cielo che sulla terra. Non dirmi che non devi, poiché tu sei la Madre universale e comune di tutti gli uomini, e di me pure in particolare.
Se tu non potessi, ti scuserei dicendo: è vero che è mia madre e mi ama come figlio, ma non ne ha colpa, perché manca di potere. Se tu non fossi mia Madre, io pazienterei dicendo: essa è ricca, capace di assistermi, ma siccome non è mia Madre, non ha tenerezza per me. Ma dal momento che tu, o Vergine Santissima, sei la mia Madre e sei potente, come ti scuserei se non mi sollevassi, se non mi prestassi il tuo soccorso, se non mi concedessi la tua assistenza?
Pensaci, o Madre mia: tu sei obbligata a concedermi i favori che ti chiedo, ad esaudire le mie domande...
Concedimi tutti i doni che piacciono al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
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