In questo periodo tanto si parla dell’unità d’Italia ovvero dei suoi 150 anni. Ci dicono che l’unità d’Italia avvenne nel 1861.
Noi non vogliamo togliere nulla a coloro i quali nel 1861 si sono adoperati per liberare l’Italia dagli austriaci, ma una cosa va precisata e cioè che nel 1861 si ebbe la maggior parte dell’unità d’Italia e Roma capitale. Il resto dell’Italia, anche se poca, l’abbiamo avuta durante la prima guerra mondiale. Quindi noi oggi faremo bene a dire che i tanto decantati 150 anni sono della prima unità d’Italia, altrimenti è come se dicessimo che i combattenti della prima guerra mondiale non hanno fatto niente. Perché non dobbiamo assolutamente dimenticare che la storia vuole che:
«Il Piave mormorava/, calmo e placido, al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio». Novantasei anni fa, il 24 maggio 1915, l 'Italia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa.
Dai tiri degli obici, le truppe italiane oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le «terre irredente» del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918, a guerra finita, un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nella «Leggenda del Piave», una canzone destinata a entrare nella memoria collettiva degli italiani.
L'Italia entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo un disinvolto cambio di alleanze, dalla Triplice all'Intesa. Sulle sponde del Piave e dell'Isonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure la «Grande Guerra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto dell'epopea Risorgimentale.
L'Italia entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo un disinvolto cambio di alleanze, dalla Triplice all'Intesa. Sulle sponde del Piave e dell'Isonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure la «Grande Guerra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto dell'epopea Risorgimentale.
La guerra provocò la dissoluzione dell'Impero austroungarico e di
quello ottomano e mise fine a quello degli Zar, travolto dalla rivoluzione bolscevica del 1917. Segnò il crollo di tre dinastie secolari, gli Asburgo, gli Hohenzollern e i Romanov. Fu l'inizio del declino della vecchia Europa e sancì l'ingresso sulla scena mondiale, come grande potenza militare ed economica, degli Stati Uniti, intervenuti nel 1917 a salvare le sorti dell'Intesa. Si portò dietro un'epidemia - la «spagnola» - che tra 1918 e il 1919 provocò più morti della guerra;
Una delle poche voci che si levarono contro la guerra fu quella di Benedetto XV, il «Papa della pace» del quale Joseph Ratzinger ha voluto raccogliere idealmente l'eredità, scegliendo il nome per il proprio pontificato. Egli il 1 agosto 1917 (poco prima della rotta italiana a Caporetto del 24 ottobre 1917) chiese invano alle potenze belligeranti il disarmo e il ricorso all'arbitrato per la «cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno più apparisce inutile strage».
Ma troppi erano i motivi che spingevano l'Europa al massacro. La rivalità economica e gli interessi in Medio Oriente di Regno Unito e Reich tedesco; il revanscismo francese per Alsazia e Lorena; lo scontro tra pangermanesimo tedesco e panslavismo sul Baltico; gli appetiti delle maggiori potenze per le spoglie del fatiscente impero ottomano; l'irredentismo in Italia e nei Balcani, dove il serbo Gavrilo Princip fece scoccare la scintilla, assassinando l'erede al trono austriaco a Sarajevo. Ma anche il clima culturale di un'epoca che - tra lo Stato «Dio reale» dell'idealismo hegeliano e il positivismo darwiniano di Spencer - concepì la guerra come sbocco naturale delle vertenze internazionali.
In Italia, contro l'entrata in guerra furono i cattolici, i socialisti, i giolittiani. Per la guerra furono il governo Salandra, i liberali, i nazionalisti. Interventista fu Gabriele D'Annunzio, interprete a modo suo del «superuomo» di Nietzsche. Interventista fu Filippo Tommaso Marinetti, che nel «Manifesto del futurismo» aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo». Da neutralista in interventista si trasformò repentinamente il socialista Benito Mussolini, che lasciò la direzione dell'«Avanti!» per fondare l'ultranazionalista «Popolo d'Italia» e fu espulso dal Psi.
Nel 1919 la Conferenza di pace di Parigi, dominata dal presidente americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige etnicamente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Il presidente del consiglio Orlando e il ministro degli esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporaneamente la conferenza, restando fuori anche dalla spartizione delle colonie tedesche. Ne nacque il mito della «vittoria tradita», che mosse D'Annunzio e i suoi legionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera «Reggenza del Carnaro» e fu utilizzato a proprio vantaggio dal nascente partito fascista, avviato alla conquista del potere. Anche la «Leggenda del Piave» di E.A. Mario finì per servire allo scopo. La crisi economica, la svalutazione della lira, la debolezza della classe dirigente liberale, le ripetute crisi di governo, le agitazioni di piazza e l'occupazione delle fabbriche nel «biennio rosso», i timori della Corona e della borghesia fecero il resto. Dal 4 novembre 1918, data della firma dell'armistizio con l'Austria, al 22 ottobre 1922, data della Marcia su Roma, non passarono che quattro anni.
Oggi attuale bisogna cantare l’inno di Mameli, perché ci è stato tramandato dai nostri avi, ma per l’unità d’Italia faremo bene a cantare anche il Piave. Comunque le due canzoni le mettiamo entrambe.
Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'èla Vittoria ?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popoli,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Uniamoci, uniamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Dall'Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popoli,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Uniamoci, uniamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Dall'Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!
l'elmo di Scipio: L'Italia ha di nuovo sulla testa l'elmo di Scipio (Scipione l'Africano), il generale romano che nel 202 avanti Cristo sconfisse a Zama (attuale Algeria) il cartaginese Annibale. L'Italia è tornata a combattere.
Le porga la chioma: La Vittoria sarà di Roma, cioè dell'Italia. Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli. Così la Vittoria dovrà porgere la sua chioma perché sia tagliata, perché la Vittoria è schiava di Roma che sarà appunto vincitrice.
coorte: nell'esercito romano le legioni (cioè l'esercito), era diviso in molte coorti. Stringiamoci a coorte significa quindi restiamo uniti fra noi combattenti che siamo pronti a morire per il nostro ideale.
calpesti: calpestati
Raccolgaci: la lingua di Mameli è la lingua poetica dell'Ottocento. Questo raccolgaci in italiano moderno sarebbe ci raccolga, un congiuntivo esortativo che assimila il pronome diretto. Il significato è: ci deve raccogliere, tenere insieme.
una speme: altra parola letteraria e arcaica. Significa speranza. Non c'è però da stupirsi troppo se Mameli usa queste parole. Nella lingua delle canzonette di musica leggera intorno al 1950, queste parole si trovano ancora.
fonderci insieme: negli anni di Goffredo Mameli l'Italia è ancora divisa in molti staterelli. Il testo dice che è l'ora di fondersi, di raggiungere l'unità nazionale.
fonderci insieme: negli anni di Goffredo Mameli l'Italia è ancora divisa in molti staterelli. Il testo dice che è l'ora di fondersi, di raggiungere l'unità nazionale.
per Dio: doppia interpretazione possibile. Per Dio è un francesismo e quindi significa "da Dio": se siamo uniti da Dio, per volere di Dio, nessuno potrà mai vincerci.
Certo è però che in italiano "per Dio" può essere anche una imprecazione, una esclamazione piuttosto forte. Che avrà mai voluto intendere Goffredo Mameli? Siccome aveva Vent'anni ci piace pensare che abbia voluto lui stesso giocare sul doppio senso (in fondo i suoi rapporti con il Vaticano non erano buonissimi, tant'è vero che è morto proprio a Roma dove combatteva perla Repubblica )
Certo è però che in italiano "per Dio" può essere anche una imprecazione, una esclamazione piuttosto forte. Che avrà mai voluto intendere Goffredo Mameli? Siccome aveva Vent'anni ci piace pensare che abbia voluto lui stesso giocare sul doppio senso (in fondo i suoi rapporti con il Vaticano non erano buonissimi, tant'è vero che è morto proprio a Roma dove combatteva per
il piave:
Il Piave (1) mormoravacalmo e placido al passaggio
dei primi fanti il 24 maggio: (2)
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera
e far contro il nemico (3) una barriera....
Muti passaron quella notte e fanti
tacere bisognava e andare avanti!
S’udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar (4) dell’onde
Era un presagio (5) dolce e lusinghiero (6)
il Piave mormorò:
"Non passa lo straniero!"
Ma in una notte trista (7)
si parlò di un fosco evento (8)
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento (9)
Ahi quanta gente ha vista
venir giù lasciare il tetto
poi che il nemico irruppe a Caporetto (12)
Profughi ovunque! Dai lontani monti
venivano a gremir tutti i suoi ponti (13)
S’udiva allo dalle violate (14) sponde
sommesso e triste il mormorio de l’onde:
come un singhiozzo in quell’autunno nero
Il Piave mormorò :
"Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico
per l’orgoglio e per la fame: (15)
volea sfogare tutte le sue brame (16)
vedeva il piano aprico (17)
di lassù voleva ancora
sfamarsi e tripudiare (18) come allora
"No" disse il Piave "No" dissero i fanti
"Mai più il nemico faccia un passo avanti!"
Si vide il Piave rigonfiar le sponde!
E come i fanti combattevan l’onde
Rosso del sangue del nemico altero (19)
Il Piave comandò:
"Indietro va straniero!"
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento
e
Fu sacro il patto antico: (20)
tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti (21)
L’onta cruenta e il secolare errore
infranse alfin l’italico valore (22)
Sicure l’Alpi libere le sponde
E tacque il Piave: si placaron l’onde
Sul patrio suolo, vinti i torvi imperi (23)
la pace non trovò
né oppressi né stranieri
Note
1 Sul Piave si fermarono le truppe italiane dopo la disfatta di Caporetto e qui si organizzò l’offensiva finale
2 E’ il 24 maggio del 1915 quando le prime truppe italiane varcarono il confine ed ebbero inizio le ostilità contro l’Austria
3 il nemico : gli Austriaci
4 lo sciacquio delle onde sembra un rumore festoso
5 presagio : presentimento
6 lusinghiero : piacevole, allettante
7 trista: sventurata
8 fosco evento: oscuro Si riferisce alla ritirata di Caporetto del 24 ottobre 1917 quando le truppe austro-tedesche sfondarono il fronte italiano nell’alta Valle dell’Isonzo
9 l’ira e lo sgomento : la rabbia per la sconfitta e lo sgomento per dover abbandonare le loro case e le loro terre
10 soldati e popolazione civile scendono dalle valli invase
11 il tetto: la propria casa
12 Caporetto: cittadina ai piedi del Monte Nero a nord di Gorizia
13 i profughi si affollavano sui ponti per attraversare il fiume e riparare al sicuro
14 violate : profanate dal ritorno dello straniero
15 gli Austriaci erano spinti dall’orgoglio di riconquistare le terre da cui erano stati cacciati durante le guerre di indipendenza, ma anche dalla fame; gli Imperi Centrali infatti circondati da nazioni nemiche, scarseggiavano di viveri
16 vendicarsi delle sconfitte e rialzare il proprio prestigio
17 piano aprico: la pianura aperta esposta al sole
18 tripudiare: esultare
19 altero: orgoglioso e superbo
20 fu esaudita la speranza dei patrioti e dei martiri dell’unità d’Italia
21 riferimento ai patrioti Guglielmo Oberdan morto nel 1882 , Nazario Sauro e Cesare Battisti
uccisi nel 1916
22 il valore dei soldati italiani abbatte la secolare dominazione straniera
23 dopo aver vinto gli Imperi Centrali non vi sono più stranieri in Italia e nemmeno oppressi
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