Detraibilità
degli scontrini fiscali
Quali sono le conseguenze, i pro e
i contro
Ancora incertezza per quanto riguarda l’introduzione nel
nostro sistema fiscale della possibilità di detrarre gli scontrini. Con il
ritorno in Commissione Finanze della c.d. “Delega fiscale” a causa del no
imposto dal Senato al Governo, il provvedimento rischia infatti di subire
ulteriori modifiche, tra cui appunto l’eliminazione della citata previsione.
Cerchiamo dunque di capire in che cosa consiste e cosa comporterebbe una novità
del genere.
Innanzitutto, la
Delega fiscale non è altro che un disegno di legge con cui
viene affidato al Governo il compito di revisionare il sistema tributario
attraverso l’emanazione di una serie di decreti legislativi. Non si tratta
tuttavia di una vera e propria riforma radicale del sistema stesso, quanto
piuttosto un intervento di correzione di alcune criticità esistenti in modo da
incentivare la crescita e l’equità. In particolare, al fine di contrastare
l’evasione e l’elusione fiscale sono state previsti specifici meccanismi per
far emergere tali realtà.
Uno di questi consiste appunto nella possibilità di ottenere
sconti sulle tasse (deduzioni e detrazioni) allegando gli scontrini fiscali
alla dichiarazione dei redditi. Si tratta di una misura c.d. “di contrasto di
interessi” poiché induce i clienti a non ricorrere a venditori che non emettono
ricevute, in quanto risulta per i clienti stessi sconveniente. Il consumatore,
infatti, viene teoricamente incentivato a chiedere gli scontrini al
commerciante per avere i predetti benefici fiscali, e allo stesso tempo il
commerciante viene incentivato a rilasciare il documento per non perdere
clientela. Ovviamente, una previsione del genere crea un problema di perdita di
gettito da parte dello Stato: se non vengono raggiunti adeguati risultati a
livello di emersione di sommerso il Fisco deve comunque concedere le
detrazioni, creando uno squilibrio tra entrate e uscite. Come giustamente
sottolineato, il meccanismo funziona solo se lo sconto è almeno superiore
all’IVA sul bene o il servizio acquistato, altrimenti il venditore potrebbe adottare
un prezzo al netto dell’IVA in modo che sia lui che il cliente ottengano un
vantaggio dall’operazione in nero.
Di idee più precise è il segretario della Cgia di Mestre,
Giuseppe Bortolussi, secondo il quale introdurre misure di “contrasto di
interesse” servirebbe solo ad inasprire la fiscalità generale per coprire la
perdita di gettito. “Perché mai – sottolinea Bortolussi – dovremmo agevolare il
cliente finale per far emergere base imponibile facendo perdere allo Stato il
mancato gettito sottratto attraverso l’applicazione delle detrazioni?”. “In
alternativa – conclude il segretario – si torni a multare, come succedeva fino
a qualche anno fa, il cliente finale sprovvisto di scontrino o ricevuta e
coloro che non li emettono. Questo è il vero contrasto di interesse da
applicare perché si rimetterebbe sullo stesso piano artigiani, commercianti,
liberi professionisti e i clienti finali che, non dimentichiamolo, sono quelli
che devono pagare l’IVA”.
Nessun commento:
Posta un commento