GRAZZANISE – Il Triduo pasquale ha raggiunto ancora una volta, come dappertutto, il culmine nella Liturgia della Resurrezione. Puntualmente rispettata, nelle quattro parrocchie del paese, la sequenza, liberante e purificatrice, aperta il 21 aprile, anniversario del Natale di Roma coincidente nel corrente 2011 col Giovedì Santo a memoria della “Missa in coena Domini” e della “Lavanda dei piedi”: la più alta vetta dell’umiltà che la Storia ricordi. Ma quest’anno il “memoriale” della consacrazione del pane e del vino della gioiosa mattina di Pasqua (in cui si proietta e radicalmente si capovolge tutto il dolore dell’ora nona del Venerdì Santo) ha lasciato, una tangibile eco nel già ricco pranzo pasquale. Grazie alle poche, anziane ma tenaci massaie, a livello domestico, e al Panificio Parente di Grazzanise - che ogni giorno lancia sul mercato provinciale ed oltre, più che ricercato, “Il pane di Brezza” -, è tornata sulle mense la “Croce di pane” con cinque uova cotte in forno a legna: ripresa così, con autentica devozione, un’antica tradizione contadina grazzanisana che vuole benedetti, col ramoscello d’ulivo intinto nell’acqua santa, prima di affondar le posate nelle vivande, ciascuno dei commensali in ginocchio attorno alla mensa imbandita e la “Croce di pane” vessillo della dura fatica dei campi, di sudore versato, delle buone speranze finalmente avveratesi in una terra in perdurante e tuttora forte ritardo economico. Nondimeno, in questa preoccupante epoca che attraversiamo, nella simbologia del pane a forma di croce latina - recante il nutriente companatico offerto delle ruspanti canterine sull’aia – è sembrato addensarsi inevitabilmente quel segnale di sofferenza che deriva dalla disoccupazione dilagante, dall’inarrestabile emigrazione giovanile, dalle conseguenti difficoltà finanziarie che stritolano la maggior parte delle famiglie. Veramente la “Croce di pane” ha palesemente concretizzato in un’immagine sola tutti i sacrifici che oggi si devono affrontare per mettere appunto “il pane in tavola”. Prima o poi qualcuno darà la giusta interpretazione delle cinque uova che, a vista, appaiono come cinque salvifici chiodi che restituiscono la figura del Crocifisso. Intanto, la “perfetta letizia” della Pasqua ha inglobato e neutralizzato, seppure per qualche ora, la tristezza delle “cose di quaggiù” che caparbiamente complicano l’alzare gli occhi al Cielo. E l’azzurro della volta celeste, infatti, non s’è visto, la mattina del giorno dopo, il Lunedì dell’Angelo (concomitante, in questo 2011, con al ricorrenza civile del 25 aprile). Nuvole basse han minacciato pioggia che non è caduta per un insistente venticello che ha consentito il normale svolgimento della sfilata dei “battienti” in onore della Madonna dell’Arco, clou del folklore di Grazzanise che resiste alla furia omologatrice pilotata dal megatotem della civiltà postindustriale. L’addobbato tosello della Vergine, nella fase conclusiva delle corse a piedi scalzi, circondato da una folla enorme si è mosso fra struggenti ricordi e tanta commozione, al canto-preghiera di una donna che strappava lacrime ai fedeli riuniti intorno alla sacra icona. Eppure, d’improvviso, una persona s’è sentita male e, giustamente, il cittadino Mario Izzo ha lanciato una vibrante obiezione sull’assenza di un’ambulanza subito disponibile. Circa cinque anni fa un “battente” trafelato perse la vita. Per fortuna quest’anno tutto s’è risolto da sé.
FOTOGRAFIE: -La “Croce di pane”
-Canti, applausi e preghiere alla Madonna dell’Arco il Lunedì in Albis 2011
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