di Daniele Palazzo
Malattia di Huntington, nuovo passo in avanti, da parte dei ricercatori del pool scientifico dell’I.R.C.C.S. Neuromed, di Pozzilli, in provincia di Isernia. Al termine di un articolato e quanto mirato progetto di studio e ricerca(è stato condotto e portato a termine, in splendida sinergia di collaborazione, con alcune delle più note e prestigiose Istituzioni scientifiche italiane ed internazionali, tra cui ci pregiamo di ricordare l’IIT di Genova e le Università Vanderbilt, negli USA, e Cambridge, nel Regno Unito), i quadri dirigenti del Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare del famoso Istituto di prevenzione e cura delle malattie di ordine neurologico, che abbraccia un bacino d’utenza che, praticamente, copre tutto il Centro-Sud della Panisola, hanno annunciato, attraverso le prestigiose pagine della rivista Scientific Reports (Nature Publishing Group), la scoperta di un innovativo quanto efficace metodo terapeutico per quanto concerne la cura e la gestione dei soggetti coliti dalla malattia di Huntington. Il nuovo metodo di approccio a questo terribile malanno si basa sulla costatazione che, a quanto si evince da un Comunicato-Stampa sull’argomento, “l’alterazione dei livelli degli sfingolipidi, componenti fondamentali della membrana delle cellule del cervello, sembra giocare un ruolo cruciale della Malattia di Huntington. Intervenire sul metabolismo di queste molecole potrebbe rappresentare una strada innovativa per combattere il decorso di questa gravissima patologia genetica. La Malattia di Huntington, è determinata da una grave e rara condizione genetica neurodegenerativa che va a colpire la coordinazione dei movimenti, dando vita ad un inarrestabile declino neurologico delle persone che ne sono affette. Il grave stato patologico accusato dai pazienti interessati dal malanno di cui ci occupiamo “ è causato da una mutazione del gene che codifica per la proteina “huntingtina”. Detta proteina, prodotta in una forma alterata, interferisce con l’omeostasi del cervello alterandone le normali funzioni.” Nuovo e di ampio respiro lo studio preso in esame dai ricercatori del famosissimo Istituto molisano. “I ricercatori impegnati nel progetto medesimo, recita ancora la Nota-Stampa di cui sopra, hanno analizzato i livelli di sfingosina-1-fosfato (S1P), un particolare sfingolipide che controlla importanti funzioni nei neuroni e nelle cellule che costituiscono la sostanza bianca del sistema nervoso (mielina). ‘I nostri esperimenti, spiega la Dottoressa Alba Di Pardo, ricercatrice del Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare, primo nome del lavoro scientifico. hanno mostrato come il funzionamento degli enzimi coinvolti nel metabolismo di S1P sia alterato nella Malattia di Huntington. Questo fenomeno è stato osservato sia nei modelli animali che nei tessuti umani. I nostri risultati, continua la ricercatrice della struttura sanitaria molisana, sono molto incoraggianti. La modulazione farmacologica dell’attività di questi enzimi induce l’attivazione di meccanismi molecolari che mitigano gli effetti tossici della mutazione, in neuroni ottenuti da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) derivanti da pazienti con la malattia” Non è ancora del tutto chiaro come la mutazione della huntingtina possa provocare la riduzione dei livelli di S1P, ma i ricercatori Neuromed ritengono che i disturbi a carico degli sfingolipidi possano avere una notevole importanza. “Un difetto nel metabolismo di S1P, spiega il Dottor Vittorio Maglione, responsabile dello studio, potrebbe contribuire allo sviluppo della Malattia di Huntington. Per questo motivo pensiamo che interventi mirati a modulare i livelli di questo sfingolipide potrebbero offrire prospettive nuove per una patologia per la quale attualmente non esistono cure”.
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