L'ANALISI/ Il Vaticano III (di
fatto) di Papa Francesco
Il Papa venuto dalla fine del
mondo non ha bisogno di un Concilio per cambiare la Chiesa. O meglio: non ha
avuto bisogno di indirlo. Ma lo sta celebrando. E nei prossimi mesi e anni ne
vedremo gli effetti. Se una c'era volta un'idea di Chiesa in cui la gente era
abituata a chiedere: “che cosa dobbiamo fare?”, collaudata e resistente da
secoli, Con il Concilio le cose cambiavano. La gente cominciava a chiedere:
“perché ce lo fate fare”, e soprattutto – grazie a Giovanni XXIII – era tempo
di passare dalla medicina della scomunica (che sempre pena resta, sebbene
appunto medicinale e cioè tentativo di cura dell'anima), a quella della
misericordia. Un concetto – non sempre inteso correttamente e a volte
stravolto, appunto, dai guasti postconciliari (c'è stato anche questo e va
sottolineato per dovere di onestà intellettuale nonché storica) – caro ad
esempio allo stesso Benedetto XVI, personaggio certamente schietto sui principi
ma – a detta di chi lo ha conosciuto da vicino – sempre misericordioso col
peccatore, specie in confessionale.
UN CAMBIO DI PASSO- Ecco,
Francesco fa oggi un altro passo avanti: la medicina della misericordia vale
più di qualsiasi documento o innovazione. È un cambio di atteggiamento e
mentalità che chiede alla sua Chiesa, che passa più da un humus intellettuale e
culturale diverso, che non attraverso una serie di atti e documenti più o meno
ufficiali. Le dichiarazioni rilasciate a “La Civiltà cattolica”, quindicinnale dei Gesuiti
diretto dal geniale padre Antonio Spadaro, sono simbolo del modus operandi di
questo Pontefice. Un uomo che a dispetto di una certa pubblicistica che lo
mostra in fondo come un parroco bonaccione ha invece ben presente il peso e la
responsabilità del comando. Ricordiamo ai lettori che Jorge Mario Bergoglio a
37 anni si è trovato a rispondere dei Gesuiti di tutta l'Argentina: e la Compagnia di Gesù non è
solita premiare gli inetti. Proprio come in un esercito (e il loro fondatore,
Sant'Ignazio di Loyola, era un ex militare), qui i gradi si guadagnano sul
campo. E Bergoglio ha mostrato di meritarli. Ma dicevamo delle innovazioni
culturali che il Papa chiede alla Chiesa: quando dice che è “casa di tutti”,
quando “Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a nido protettore
della nostra mediocrità”, Francesco recupera il concetto di cattolicità e si
richiama a Paolo VI quando proclamava la Chiesa esperta di umanità. Di tutta l'umanità,
come rimarcava Papa Montini. E se lo è, deve in qualche modo dare spazio a
tutti.
OMOSESSUALI, ACCOMPAGNARE CON
MISERICORDIA- Il Papa parla degli omosessuali ricordando ancora una volta
il Catechismo, ma aggiunge: “La religione ha il diritto di esprimere la propria
opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi:
l'ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile”. Qui siamo ad un
punto molto delicato, che certo potrà disorientare non pochi fedeli. Ma è
chiaro: il Papa riafferma il libero arbitrio e ricorda allo stesso tempo – però
– il dovere della Chiesa di annunciare e ricordare i precetti della religione.
Ricorda Francesco: “Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese
se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda:
'Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza
con affetto o la respinge condannandola?'. Bisogna sempre considerare la
persona”. Il che significa “accompagnare le persone a partire dalla loro
condizione”. E quindi accogliere, senza paura della testimonianza. Senza
rifiuto alcuno. Molto bene il richiamo allo spirito conciliare, quando
Francesco sottolinea: “Invece di essere solo una Chiesa che accoglie e che
riceve tenendo le porte aperte, cerchiamo pure di essere una Chiesa che trova
nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la
frequenta, chi se n’è andato o è indifferente. Chi se n’è andato, a volte lo ha
fatto per ragioni che, se ben comprese e valutate, possono portare a un
ritorno. Ma ci vuole audacia, coraggio”. Da qui nessuno è escluso, nessuno è
straniero, ricordava Paolo VI alla fine del Vaticano II, 1965. Nel suo ideale
“Vaticano III” Francesco ripropone gli stessi concetti: cercare vie nuove ma
senza stravolgere la fede. Uno sforzo non da poco e una richiesta di creatività
che un Papa latino, oltre che latinoamericano, può e deve chiedere ai suoi
figli.
DONNE, ABORTO, DIVORZIO- Altri
tre temi su cui la Chiesa
riflette da anni. Francesco è molto chiaro e cerca di far uscire la Chiesa da un ghetto nel
quale aveva iniziato a rinchiudersi Giovanni Paolo II. Dice l'attuale
Pontefice: “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto,
matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile.
Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma
quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa,
del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario
parlarne in continuazione”. E ancora: “L'annuncio di tipo missionario si
concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e
attira di piu, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus.
Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale
della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la
freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più
semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le
conseguenze morali”. Traduzione: ricordatevi che ci sono problemi vicini alla
gente. Manca il lavoro, non c'è speranza, c'è bisogno di una parola forte. I
pastori che puzzano delle loro pecore, per usare una metafora bergogliana, lo
sanno. Ma se lo deve ricordare tutta la Chiesa. Mano al Compendio della Dottrina Sociale
della Chiesa, tanto per fare un esempio.
IERI E OGGI- Infine il Papa
dice una cosa molto interessante, che spesso viene detta anche da cattolici
molto osservanti: “Le lamentele di oggi su come va il mondo "barbaro”
finiscono a volte per far nascere dentro la Chiesa desideri di ordine inteso come pura
conservazione, difesa. No: Dio va incontrato nell’oggi”. È quello che chiedeva
il Concilio: andare verso il mondo con la convinzione del fatto che sia pure
confuso e ipertecnologico, questo mondo offre ancora la possibilità di fare
tanto bene a tanti. In conclusione, specie nel richiamo all'idea bergogliana di
Sinodi e Concistori più aperti e flessibili (specie i Sinodi, da decenni
utilizzati alla stregua di “sfogatoi”, come dice qualche vescovo), c'è un'idea
molto interessante. Lo abbiamo detto all'inizio e lo ripetiamo: il Papa venuto
dalla fine del mondo non ha bisogno di un Concilio per cambiare la Chiesa. O meglio: non ha
avuto bisogno di indirlo. Ma lo sta nei fatti celebrando. E nei prossimi mesi e
anni ne vedremo gli effetti. Ad majora, Santo Padre!
Tratto da affari italiani. (www.affariitaliani.it)
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